Le tasse rimangono ripartite in maniera iniqua come sempre
Con l’arresto di Mario Chiesa nel febbraio del 1992 è iniziata la stagione di Mani pulite, che ha cambiato per sempre la politica italiana.
Spazzata via “letteralmente” la Democrazia Cristiana con tutto il Pentapartito, gli ex comunisti del PDS si candidavano con prepotenza a governare il Paese senza però fare i conti con l’oste, che nel loro caso si chiamava Silvio Berlusconi.
Durante la seconda metà degli anni ottanta si è affermata nel nostro Paese una forte cultura individualistica e materialistica, che ha visto crescere in modo esponenziale il numero delle partite IVA: sono aumentati i liberi professionisti e gli imprenditori ed è proprio a loro che si è rivolto il Cavaliere.
Ottant’anni di socialismo reale avevano distrutto l’economia dei Paesi che erano stati sotto il controllo dell’Unione Sovietica: Berlusconi ha dipinto allora Achille Occhetto, leader del PDS, come un degno successore di Stalin, pronto a “tartassare” le imprese ed i professionisti con imposte sempre più alte.
Così il popolo delle partite IVA ha regalato all’uomo di Arcore un imprevisto successo, proiettandolo alla guida del Governo.
Sono trascorsi ormai venticinque anni e le partite IVA continuano ad essere il motore trainante del Paese, anche se il nuovo governo giallo-rosso sembra non essersene accorto.
Graziano Del Rio ha dichiarato ai “quattro venti” che le tasse saranno diminuite ai lavoratori dipendenti: e i lavoratori autonomi?
Il premier Conte sembra eludere il tema della flat tax e pare ormai tramontata la prospettiva dell’aliquota al 20% per le partite IVA per la parte eccedente dei ricavi da 65.001 a 100.000 euro.
Con il 1 gennaio 2019 era stata infatti estesa dal governo Cinque Stelle/Lega la flat tax per le partite IVA al 15%: l’estensione del regime forfettario ha riguardato i contribuenti con volume di affari sino a 65.000 euro e per il 2020 era stata prevista l’ulteriore estensione sopraindicata. Ma a quanto pare non se ne farà nulla.
L’esecutivo più a sinistra degli ultimi settant’anni non smentisce il clichè della sinistra che aumenta le tasse e lascia alla destra il compito di difendere i lavoratori autonomi.
Il problema non si pone tanto per i capitani d’industria ma per le piccole e medie imprese a cui vanno aggiunti i piccoli e medi professionisti, che hanno visto diminuire i loro ricavi dopo la crisi del 2008, senza beneficiare delle necessarie detrazioni fiscali.
Ed è anche per questo motivo che la Lega di Matteo Salvini è riuscita ad ottenere un consenso così vasto, facendo leva non solo sulla paura dell’extracomunitario ma anche sul disagio del ceto medio.
La proposta di una flat tax lanciata dal consigliere economico di Salvini, Armando Siri, ha fatto sicuramente breccia su quella parte di elettori che non si è mai vista tutelata a sufficienza dal Governo.
Non è un caso che Maria Elena Boschi abbia definito il PD il “partito delle tasse” durante l’ultima Leopolda, per sganciare Italia Viva da un circolo vizioso sempre più pericoloso, poiché le elezioni si vincono con il popolo delle partite IVA e non andando loro contro.
Emerge in questo caso lo scollamento della nostra classe dirigente dalla vita reale, dalla vita lavorativa fatta di scadenza trimestrali per il pagamento dell’IVA, di scadenze per il pagamento dell’Irpef nonché dei relativi anticipi.
La borghesia produttiva che ha realizzato il “miracolo economico” durante gli anni cinquanta ed ha lanciato l’Italia tra i sette grandi del pianeta soffre questa situazione in modo preoccupante e lancia un grido di aiuto che deve essere ascoltato.
Le partite IVA hanno il dovere di sostenere l’economia, di trainare i consumi, di contribuire alla circolazione del denaro, ma, alla resa dei conti, sono sprovviste di tutela in caso di infortunio e in caso di malattie, non hanno le ferie pagate – se non lavorano non guadagnano – non hanno un sussidio in caso di disoccupazione, sembrano avere solo doveri e nessun diritto (e per sopperire a queste mancanze sono obbligate a stipulare onerose polizze assicurative).
Qualcosa inizia muoversi per i lavoratori autonomi atipici, molto spesso titolari di partita IVA, che però svolgono un lavoro più simile a quello subordinato che a quello autonomo.
L’Unione Europea ha infatti appena adottato la direttiva n. 43/19, che introduce una serie di tutele delle loro condizioni di lavoro, lasciando ai singoli stati membri tre anni di tempo per procedere all’attuazione.
Tale normativa stabilisce, tra le altre prescrizioni, ferie pagate ed orari certi, colmando una lacuna che iniziava a diventare preoccupante.
La previsione della flat tax al 15% per i redditi sino a 65.000 euro segna la via da percorrere, il futuro del governo attuale e di chi ambisce a prendere il suo posto si gioca anche su questo campo: chi riuscirà ad avere il voto ed il consenso delle partite IVA vincerà le prossime elezioni.