L’industria automobilistica italiana arranca. Dall’epopea di Fiat e Alfa Romeo alla fuga fiscale nei Paesi Bassi: i numeri Istat parlano chiaro, e nemmeno il “Piano Italia” di Stellantis basta a rassicurare.
Una volta il nostro Paese era conosciuto all’estero per il prestigio e il valore di grandi marchi storici delle auto italiane. Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Maserati, Ferrari e Lamborghini sono nomi che hanno contribuito significativamente alla storia dell’industria automobilistica italiana e mondiale, oltre che rendere orgogliosi una nazione intera. Per non parlare della mitica e leggendaria Isotta Fraschini, simbolo di tecnologia, innovazione e lusso sin dal suo esordio nel 1900, ricercata da una clientela facoltosa per il suo stile a dir poco unico. Con tutto questo background storico, culturale e industriale alle spalle, oggi ci troviamo a brancolare nel buio.
L’Istat recentemente ha diffuso i dati sulla produzione automobilistica da cui se ne deduce che la crisi del settore fa sentire ancora i suoi feroci artigli. Rispetto all’anno scorso, l’indice attraverso cui si stabilisce il valore delle autovetture prodotte in Italia è diminuito del 9,5%. La perfida congiuntura, che connota i valori generali dell’economia, è ancora sfavorevole e sta trottando verso un calo produttivo molto accentuato. Secondo gli esperti bisogna sperare nell’azienda più grande e importante che c’è in Italia, Stellantis, una holding multinazionale con sede nei Paesi Bassi, produttrice di autoveicoli.

Nata dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e PSA, la società ha sede legale ad Amsterdam. ll Gruppo Stellantis ingegnerizza, produce, distribuisce e vende veicoli con i brand Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia e Ram, Peugeot, Citroen, DS e Opel e vetture di lusso con i marchi Ferrari e Maserati. Tra i maggiori azionisti c’è Exor, la società di investimento della famiglia Agnelli, che detiene una quota significativa di azioni Stellantis, circa il 14,4%.
Tuttavia c’è da segnalare che spostare la sede legale in Olanda, ha significato una tassazione inferiore, 21% rispetto a quella italiana, al 24%. Con tutte le agevolazioni e i contributi a fondo perduti elargiti dai governi italiani sin dal fascismo, per proseguire con quelli a guida Democrazia Cristiana e quelli insediatisi in seguito! La Fiat è stata sempre considerata dalle istituzioni e dall’opinione pubblica alla stessa stregua di una monarchia, cui tutto è permesso.
Ma, come è noto, la riconoscenza non fa parte della struttura costitutiva dell’impresa, il cui fine primario è il profitto, da raggiungere a qualsiasi costo, anche facendo patti col diavolo. Il management di Stellantis per porre un freno alla crisi in atto ha presentato il “Piano Italia” al governo italiano. Un piano dal nome enfatico, volto a coinvolgere il sentimento nazionale, che gli Agnelli hanno brillantemente dribblato per sposare il fisco olandese. L’azienda ha deciso di puntare forte sull’auto ibrida. Si tratta di veicoli che utilizzano un motore a combustione (solitamente benzina o diesel) in combinazione con un motore elettrico. I due motori lavorano insieme per generare potenza, offrendo così un’opzione più efficiente dal punto di vista del consumo di carburante e delle emissioni rispetto a un’auto con solo motore a combustione.

Si punta, quindi, ad un ritorno al motore a combustione, dopo un breve periodo di elettrico. Entro fine anno, lo stabilimento di Mirafiori dovrebbe essere pronto per produrre la “500 ibrida” a una cadenza di 100mila unità annue.
Malgrado i buoni propositi, il gruppo ha dichiarato di aver stipulato un accordo per 610 dimissioni volontarie a Mirafiori. L’intento sarebbe l’ottimizzazione della forza lavoro per la produzione della nuova vettura. I sindacati ritengono, al contrario, che proprio per la stessa ragione, bisognerebbe assumere manodopera giovane. Comunque si ha il sentore di puzza di zolfo, qualcosa di oscuro legato agli intrecci tra affari e politica!