Ascari a Nordio: “Perché centri antiviolenza esclusi da processo omicidio Stefani?”

La deputata M5S presenta una interrogazione dopo la decisione della Corte d’Assise di Bologna sul caso della vigilessa uccisa.

Roma – Dopo la decisione della Corte d’Assise di Bologna di escludere cinque tra associazioni e centri antiviolenza dalle parti civili del processo a carico di Giampiero Gualandi per l’omicidio di Sofia Stefani, la deputata emiliana del Movimento 5 stelle Stefania Ascari annuncia di aver “depositato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia” Carlo Nordio per chiedere “se il Governo sia a conoscenza della decisione della Corte e quali siano le sue valutazioni in merito”.

In una nota, l’esponente M5s si dice “perplessa” dal provvedimento della Corte d’Assise, che ha motivato l’esclusione affermando che le condotte contestate a Gualandi “non permettono, allo stato degli atti, la riconduzione del fatto alla definizione di femminicidio. Questa scelta, scrive Ascari, “è discutibile, e più che di un tecnicismo giuridico sembra trattarsi di una decisione dal chiaro valore politico, che solleva non pochi interrogativi istituzionali”. Il termine ‘femminicidio‘, continua la deputata, “è ormai riconosciuto nella normativa italiana, in particolare con il ‘Codice Rosso’, e nella giurisprudenza come una categoria criminologica che identifica l’uccisione di una donna in quanto tale, spesso in contesti di violenza domestica o relazionale”.

Stefania Ascari

L’esclusione dei centri antiviolenza come parte civile, afferma la parlamentare M5s, “potrebbe avere conseguenze rilevanti, limitando la possibilità, per le associazioni, di dare voce alle vittime e di contribuire attivamente al contrasto della violenza di genere nei procedimenti giudiziari”. L’omicidio è avvenuto il 16 maggio 2024, quando Gualandi ha sparato a Sofia con la pistola d’ordinanza nel suo ufficio. L’imputato sostiene che il colpo sia partito per errore durante una colluttazione, ma la Procura di Bologna e i Carabinieri ritengono che si sia trattato di un gesto premeditato.

Secondo gli avvocati dell’Unione Donne in Italia (Udi), che ha chiesto di costituirsi parte civile, Sofia era vittima di una relazione squilibrata: lui era suo superiore, ispettore della Polizia locale, lei una vigilessa precaria, il cui contratto era già scaduto. Inoltre la difesa della vittima sostiene che ci fossero dinamiche di sottomissione e sfruttamento sessuale.

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