Analisi del cuneo fiscale in Italia e all’estero

Il confronto con l’Europa e il dibattito sull’effettiva riduzione del cuneo fiscale, tra bonus e considerazioni economiche.

Roma – In Italia il cuneo fiscale per i redditi bassi è inferiore alla media dell’Eurozona. Ma é notevolmente più alto della media per un lavoratore single con un reddito medio. Poiché questi dati sono oggettivi aver ridotto il cuneo per i redditi più bassi è una scelta politica, legittima e giusta, ma che non risponde ad una logica economica. A registrare valori più elevati dell’Italia sono solamente quattro paesi. In Belgio, imposte e contributi sociali rappresentano il 53 per cento del costo del lavoro, mentre in Germania, Francia e Austria il dato è leggermente superiore a quello italiano (rispettivamente pari al 47.8, 47 e 46.8 per cento).

Differenze tra UE e Paesi Extra-UE

Nei Paesi non appartenenti all’Unione europea, il cuneo fiscale è sensibilmente inferiore e pari a circa un terzo del costo del lavoro. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, infatti, imposte e contributi fiscali rappresentano rispettivamente il 31,5 e il 30,5 per cento del costo del lavoro. Nelle scorse settimane si è molto discusso del cosiddetto “taglio” del cuneo fiscale, cioè della differenza tra quanto un lavoratore costa all’impresa e il salario netto percepito dal lavoratore medesimo. Dopodiché l’argomento si è inabissato scomparendo dal dibattito, lasciando però sul campo alcune erronee convinzioni. La prima è che il cuneo fiscale in Italia è significativamente più alto che nel resto d’Europa, mentre in effetti non è così.

Infatti, sulla base dei dati Ocse 2021, per fare arrivare nelle tasche del lavoratore 100 euro nette, in Italia una impresa ne spende 187, in Francia 189, in Germania 193; in Spagna, invece, 165. In realtà, per avere una cognizione più scientifica del fenomeno, occorrerebbe spacchettare il dato aggregato per fasce di reddito e composizione familiare, onde verificare la vera incidenza. La seconda convinzione errata è che il cuneo fiscale è stato ridotto. Le cose stanno diversamente, in quanto la dichiarata riduzione è stata fatta aumentando il deficit, cioè il debito pubblico. In pratica le future tasse degli italiani.

Vantaggi per i lavoratori

Se i dati si analizzano senza alcuna indulgenza, si può constatare che è stata posto a carico della fiscalità generale, ossia della totalità dei contribuenti, un vantaggio a favore di qualcuno. Ecco perché bisogna distinguere e stare attenti. Allora il temine esatto non è tanto parlare di taglio del cuneo fiscale, ma di “bonus”, in tutto e per tutto simile al bonus 80 euro del Governo Renzi, poi diventati 100 con il Governo Conte.

Ciò perché è simile la platea degli avvantaggiati, ovvero i lavoratori dipendenti, che peraltro in questo caso non sono nemmeno i soli ad essere i più colpiti dall’ampiezza del cuneo. Simile, dunque, la platea degli esclusi (i pensionati, gli autonomi, i lavoratori precari in ogni forma), simile anche il costo (circa 9 mld di euro su base annua). Il provvedimento di Meloni al momento è previsto per la seconda parte dell’anno e finisce al 31 dicembre. Molto probabilmente verrà prorogato, ma attenzione agli inganni. L’esecutivo, in ogni caso, sembra di volere continuare a percorrere la strada intrapresa e nel futuro cercherà di sforbiciare, ancora di più, le tasse sul lavoro per i redditi medio-bassi. Si tratta, comunque, di una parte di contributi pagati dai lavoratori, che verranno scalati direttamente in busta paga.

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