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Aiuto, le città sprofondano!

Il peso crescente delle costruzioni sulla terraferma provoca un fenomeno chiamato subsidenza, i cui effetti potrebbero essere devastanti. Pare infatti che le città corrano il rischio di sprofondare. 

Roma – Secondo alcune stime, ad esempio, New York “sopporta” un peso di ben 770mila tonnellate, costituito dalla somma di tutti gli edifici. A questo enorme carico vanno aggiunte strade e marciapiedi. Questo enorme fardello danneggia, anche se con lentezza, il terreno e provoca una sorta di smottamento definito “subsidenza”. Secondo il servizio di geologia degli USA, è un problema che accomuna diverse città del mondo. Sembra che ci sia un legame preciso tra urbanizzazione e subsidenza”.

Questo fenomeno, associato all’innalzamento dei mari, potrebbe provocare la perdita di centinaia di km quadrati di coste. Le cause di ciò non sono univoche. Ad esempio a Giacarta, capitale dell’Indonesia, è dovuto all’elevata estrazione delle acque delle falde sotterranee. Mentre a New York dal terreno, composto di vari materiali, tra cui argilla, limo e composti artificiali, più soggetti al cedimento. Oltre che a sabbia e ghiaia, che sono più resistenti. Per le zone costiere la subsidenza costituisce una vulnerabilità subdola, in quanto non ancora inserita nei modelli che studiano l’innalzamento dei mari. Il livello medio del mare, secondo le previsioni, entro il 2050 crescerà di circa 30 centimetri.

Venezia spesso è vittima di allagamenti per la sua conformazione.

Se si pensa che il 70% della popolazione vivrà nelle grandi metropoli, si comprende bene come questi fattori inaspriranno il problema della subsidenza. Crescerà l’estrazione di acque sotterranee e il numero di edifici e case con esiti facilmente immaginabili. Una delle paure principali per le zone costiere è la deformazione delle pianure alluvionali. A questo proposito il servizio di geologia statunitense ha precisato:

“L’area deve avere una certa pendenza, in modo che in caso di forti precipitazioni l’acqua defluisca. Quando si hanno strutture che creano cedimenti localizzati, si modifica in maniera provvisoria la pendenza delle pianure alluvionali. Quindi significa che l’acqua rimarrebbe lì per periodi di tempo più lunghi”.

Ancora più angoscia producono i cambiamenti climatici che stanno già generando piogge violente, uragani e mareggiate più veementi, con i muri d’acqua che invadono le zone interne. Gli studiosi del fenomeno ritengono, tuttavia, che ci sono delle contromisure adatte ad alleviare il rischio di inasprimento della pericolosa combinazione dell’innalzamento del livello del mare e subsidenza. Innanzitutto, è necessaria maggiore attenzione a ricaricare l’acqua prelevata dalla falde acquifere da parte di chi gestisce le risorse idriche nelle zone costiere. Inoltre, le aziende edili devono effettuare studi geologici prima di costruire per verificare se i sedimenti in una determinata area possono cedere.

Infine, nelle aree costiere può portare benefici anche il ripristino delle zone umide. Queste ultime, quando sono floride, assorbono il limo originario dai fiumi, che ripristina i sedimenti. Così da fungere da barriera marina naturale che assorbe le mareggiate e impedisce che quest’ultime possano arrivare nelle città. Rimettere in sesto questi ecosistemi favorisce l’incremento della biodiversità e potrà modificare i terreni costieri in possibilità di adattamento alla minaccia sia dell’innalzamento dei mari che della subsidenza. In molte parti del mondo questi tentativi si troveranno, però, di fronte ad una forte criticità, ovvero essere concomitanti col ritmo dello sviluppo costiero. Questo aspetto non potrà che accelerare il fenomeno. Ancora una volta l’intervento umano ha prodotto più danni che benefici. Rinsaviremo mai di fronte alla catastrofe annunciata?

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