La lotta contro il tempo e il cambiamento climatico sono scandite inesorabilmente dal ticchettio dell’orologio. Adesso arriva l’agricoltura urbana, ma creare più spazi verdi in città ci aiuterà davvero ad invertire la rotta?
Agricoltura urbana, la nuova frontiera. L’avvento della rete in Italia aveva destato buoni auspici perché poteva essere l’occasione per ripopolare i piccoli borghi di cui è disseminata la nostra penisola. Questo nella speranza che crescendo i lavori a distanza, grazie alla tecnologia, molti avrebbero scelto l’amenità del paesello. Purtroppo non erano state considerate le ataviche carenze strutturali, tipiche del nostro Paese, anche se qualcosa in questa direzione si sta muovendo. Le città, comunque, nonostante problemi di varia natura, continuano ad essere preferite dalla moltitudine di persone per le opportunità che offrono, per i servizi e per la vita culturale. Ovviamente manca il contatto con la natura, i rapporti di vicinato e una solidarietà comunitaria.
Negli ultimi tempi si stanno investendo energie e risorse per immaginare le città del futuro. E saranno, naturalmente – qualcuno nutriva dubbi al riguardo? – città intelligenti, a misura d’uomo e green. Oggi sparsi per il globo ci sono ben otto miliardi di persone, che nel 2050 diventeranno dieci. Oltre la metà vive nelle città e nel 2070 si prevede che la percentuale crescerà fino al 70%. Ci sarà da mangiare per tutti? Per soddisfare le esigenze alimentari globali, si sta ripensando a nuovi modelli di città, con spazi verdi, orti urbani e a pratiche più rispettose dell’ambiente e delle persone. Il verde urbano ha un ruolo decisivo per la diminuzione delle polveri sottili nell’aria (uno delle maggiori cause di inquinamento urbano), mitigare l’aumento delle temperature, far crescere la permeabilità del suolo, oltre ad assumere varie funzioni sociali.
L’idea è quella di una città partecipata, in cui l’alimentazione assume un valore importante. In molti centri urbani si sta diffondendo il recupero e la rigenerazione di aree dismesse da destinare alla piantumazione e coltivazione. Tanto è vero che si parla di: Agricoltura Urbana. Solo che la si pratica in verticale, verso l’alto e non in orizzontale come in quella che abbiamo conosciuto finora. Questo sistema permette di coltivare su più livelli sovrapposti, anche in serre altamente tecnologiche, in cui tutto il processo è controllato per rendere possibile la produzione di cibo anche in ambiente chiuso. Questo nuovo modo di fare agricoltura in verticale va bene laddove c’è carenza di terreni coltivabili e in zone che manifestano difficoltà a reperire alimenti freschi e a chilometro zero.
Inoltre è un sistema molto sostenibile e con basso consumo d’acqua, di suolo e agro farmaci. Un inconveniente è rappresentato dal massiccio consumo di energia elettrica per l’illuminazione LED e per le tecnologie utilizzate. I benefici dell’agricoltura sostenibile in città sono anche di carattere sociale e solidale, oltre che economici ed ambientali. La diffusione degli orti sociali urbani, di cui se ne occupano comuni cittadini, ha rappresentato un forte elemento di scambio umano e sociale. Infatti, avere cura di uno spazio verde in comune con altre persone è una pratica sociale da cui ne deriva aggregazione e integrazione, oltre a far bene alla salute fisica e psicologica di ognuno.
L’agricoltura urbana migliora anche l’educazione, oltre a produrre benefici per chi vive situazioni di disagio ed esclusione. Inoltre dalla socialità nascono pure simpatiche ed ironiche sfide all’ultimo pomodoro o ortaggio che dir si voglia. Come comuni cittadini è auspicabile la propagazione di una simile pratica. Anzi, dovrebbe essere al centro dell’agenda politica se si avesse veramente a cuore l’interesse collettivo.
Si consiglia vivamente a molti esponenti politici, che il lavoro e la fatica non sanno nemmeno dove stiano di casa, di esercitarsi nella pratica della vanga e della zappa a scopo terapeutico.