Aggredito a morte dopo un calvario durato anni

Il povero netturbino è morto ma l’inchiesta va avanti e c’è già un indagato in carcere. Il movente della vile aggressione è da ricercare tra omofobia, bullismo e soldi?

LUCERA (Foggia) – Indagini in corso per accertare esattamente le circostanze in cui ha trovato la morte Gianluigi Esposito, il netturbino lucerino di 56 anni, morto il 28 marzo scorso a seguito di una violenta aggressione. Dopo il vile agguato del 15 luglio 2024, in via Canova, a cui avrebbero partecipato più persone di cui una, di 40 anni, arrestata nel febbraio scorso, Esposito veniva ricoverato in ospedale dove subiva un difficile intervento chirurgico. Dopo otto mesi di calvario sanitario l’operatore ecologico spirava presso l’ospedale di Bari a causa di una grave emorragia.

Gianluigi Esposito

Ma andiamo ai fatti cosi come si sarebbero svolti. Esposito si trovava alla guida del suo mezzo di raccolta rifiuti quando alcune persone, almeno cosi pare, lo avrebbero prima fermato e poi aggredito colpendolo alla testa e in altre parti del corpo procurandogli gravissime lesioni interne. Nonostante più di qualcuno avesse assistito alla scena i soccorsi sarebbero arrivati in ritardo proprio perché nessuno dei presenti avrebbe telefonato tempestivamente al 112. L’uomo sarebbe giunto in coma presso il pronto soccorso del Policlinico di Foggia dove i medici di turno diagnosticavano un trauma cranico severo con fratture a carico del massiccio facciale e cranio, ematoma subdurale acuto ed edema cerebrale. Subito dopo il ricovero in rianimazione Esposito veniva sottoposto ad un delicato intervento chirurgico a cui seguivano, per otto mesi, opportune terapie che però non riuscivano a salvarlo da un’improvvisa quanto letale emorragia.

Le indagini della polizia di Stato portavano all’esecuzione di un ordine di custodia cautelare in carcere, spiccato dalla Procura di Foggia, a carico di un uomo su cui graverebbero pesanti indizi di colpevolezza in merito all’aggressione subìta dalla vittima, la cui morte aggrava la posizione giudiziaria del quarantenne. L’indagato sarebbe estraneo all’ambiente di lavoro del netturbino ma pare che alcuni suoi parenti ne facessero parte anni fa. L’uomo era stato riconosciuto da Esposito durante un confronto disposto dagli inquirenti ma sembra che all’appello manchi un altro complice, se non due, che avrebbe partecipato al vile attacco finito male.

Il Pm di Bari, Angela Maria Morea, ha disposto l’autopsia, già eseguita, sul corpo del dipendente della Tecneco Ecologistica Srl per chiarire esattamente le cause della morte ed altri particolari utili ai fini dell’inchiesta. Sul movente è buio fitto. Pare che Esposito, separato con tre figli, nel passato fosse stato oggetto di altre violenze che l’uomo avrebbe sempre denunciato sia alla ditta di cui era impiegato, sia alle autorità di polizia. L’uomo sarebbe stato preso di mira da alcuni colleghi di lavoro che lo avrebbero sottoposto a bullismo, insultato per le sue tendenze omosessuali per poi maltrattarlo e ricattarlo. Ignoti gli avrebbero danneggiato anche l’auto e la bicicletta ma non solo:

Via Canova, il luogo dell’agguato

Lo avevano già bastonato una prima volta rompendogli il naso – racconta Elvira Spaccasasso, 86 anni, madre del povero spazzino – e mio figlio ha sempre denunciato i fatti senza ottenere nulla…”.

L’anziana donna si sarebbe recata sul posto di lavoro del figliolo per chiedere spiegazioni dei fatti accaduti ma non avrebbe ricevuto alcun sostegno da parte dell’azienda. Nel 2021 la vittima sarebbe stata sorpresa dai suoi colleghi in atteggiamento intimo con un compagno di lavoro. Da quel giorno per Gianluigi Esposito iniziava un calvario interminabile che sarebbe proseguito anche quando l’uomo avrebbe intrecciato un rapporto sentimentale con una donna, anche quest’ultima messa alla berlina e additata come transessuale con tanto di improperi e insulti in pubblico. Nel gennaio del 2022 Esposito si sarebbe rivolto alle istituzioni giudiziarie denunciando i gravi accadimenti di cui era rimasto oppresso:

Per via della mia omosessualità – scriveva il netturbino – sono bersaglio di insulti, provocazioni, aggressioni verbali e fisiche da parte dei miei colleghi…”.

Ma c’è di più. Alcune persone, sempre nell’ambito lavorativo, lo avrebbero insultato ogni volta che lo vedevano chiamandolo “ricchione” oppure “principessasino a molestarlo sessualmente toccandogli il sedere. A questi già sconvolgenti comportamenti l’uomo era stato oggetto di altri atti brutali senza che nessuno muovesse un dito per difenderlo. Insomma in paese tutti sapevano delle sofferenze di Gianluigi Esposito, politica locale compresa, ma nessuno sarebbe intervenuto, quando un intervento deciso avrebbe potuto scongiurare, probabilmente, la brutale aggressione, l’agonia e la morte di una persona che voleva soltanto vivere in pace con sé stesso e con gli altri.

La vittima con la mamma Elvira Spaccasasso

Ma non basta: pare anche che qualcuno avesse chiesto soldi ad Esposito, oppure avrebbe contratto obbligazioni a suo nome. La vittima dunque aveva minacciato di denunciare chi si approfittava di lui? La spedizione punitiva sarebbe stata dunque un vero e proprio avvertimento in stile mafioso? Saranno le indagini ad approfondire anche l’aspetto economico della tragica vicenda che potrebbe avere più di un movente. Si parla anche di presunte minacce fatte alla madre della vittima per evitare di mettere nero su bianco. La famiglia Esposito, tutt’altro che intimidita, si è rivolta ad un penalista.

L’avvocato ha depositato un corposo esposto presso la Procura di Foggia a firma della mamma di Esposito, delle sorelle e del fratello della vittima oltre che dei suoi tre figli. Dopo l’esame autoptico la salma è stata restituita ai parenti per il funerale che si svolgerà il 15 aprile:

Ancora non mi capacito del perché di tanta violenza – conclude mamma Elvira – e confido nelle Autorità affinché si faccia giustizia e vengano individuati tutti i colpevoli. Tante sono state le denunce inascoltate di Gianluigi. Adesso non si può rimanere in silenzio: mio figlio amava Lucera. Serve un segnale forte, un “no” alla violenza. Per questo, mi rivolgo alle autorità e mi auguro la loro vicinanza nel giorno del funerale e che sia proclamato il lutto cittadino…”.

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