I beneficiari dell’Assegno potranno ricevere un importo massimo di 500 euro mensili, 780 sommando il contributo per l’affitto, esenti da IRPEF. Il sostegno alle famiglie sarà erogato agli aventi diritto per 18 mesi, termine rinnovabile per un ulteriore anno. E, numeri alla mano, il caro e buon Rdc mancherà a molti.
Roma – Dal primo gennaio 2024 il nuovo assegno di inclusione sostituirà il Rdc, ma la platea sarà decisamente più contenuta. Chi non ha figli minori, non vive con un parente disabile o con persone over 60 non potrà riceverlo e già oggi viene considerato automaticamente “occupabile”. Prima con la legge di bilancio e poi con il decreto Lavoro approvato a inizio maggio, il governo ha, così, istituzionalizzato la discussa categoria delle persone che possono trovare lavoro.
Persone che non potranno, comunque, beneficiare dell’assegno di inclusione, che dal prossimo anno manderà definitivamente in pensione il Reddito di cittadinanza. Secondo i calcoli dello stesso governo, i nuclei che vivono sotto la soglia di povertà esclusi dalla nuova misura saranno 433 mila. Potrà accedere, pertanto, chi ha diritto, al supporto per la formazione e il lavoro per un massimo di 12 mesi, percependo 350 invece dei 500 euro previsti dall’assegno di inclusione che, in caso di bisogno, si sommano a un contributo di 280 euro per l’affitto.
Non solo, per ricevere l’indennità gli “occupabili” dovranno essere ancora più poveri di quei cittadini e nuclei familiari già abbastanza al di sotto della sopravvivenza, cioè devono avere un Isee al di sotto dei 6.000 euro a fronte della soglia di 9.360 euro prevista per i percettori di assegno di inclusione. Ma il teorema degli occupabili, trasformatosi in una scommessa sulla pelle di 433 mila famiglie povere, ha le gambe corte.
Il 18 maggio, all’audizione in Commissione Affari sociali del Senato per la conversione in legge del decreto Lavoro, il commissario straordinario di Anpal, Raffaele Tangorra, si è presentato con una serie di slide illuminanti. Queste ultime smentiscono l’equazione governativa che attribuisce a chi, ad esempio, non ha figli, maggiori probabilità di trovarsi un lavoro. Nella relazione, infatti, l’Anpal scrive che “al 30 aprile 2023 i beneficiari del RdC indirizzati ai centri per l’impiego sono pari a 777mila”.
Ma di questi, quelli che sono tenuti agli obblighi del RdC, cioè coloro che devono sottoscrivere un Patto per il lavoro con i CpI e seguirne i percorsi di politica attiva, sono poco meno che tre quarti degli indirizzati ai CpI e cioè circa 568mila. Attenzione, dunque. Sulla base dell’esperienza professionale, alcuni analisti prevedono che per oltre tre quarti si tratta di persone senza esperienza lavorativa, perlomeno nel triennio.
Fin qui, niente di nuovo. Lo scorso autunno, rilanciando precedenti analisi, lo stesso Tangorra aveva ribadito: “Solo il 13 per cento dei beneficiari del Rdc presi in carico dai CpI e inseriti nel programma GOL sono pronti a lavorare, work ready come si usa dire in gergo”. La recente relazione in Senato conferma che sulla base delle dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro e alle politiche attive (DID) rilasciate nel 2018 e 2019 (oltre 3,4 milioni di individui), un disoccupato su cinque risulta work ready, cioè vicino al mercato del lavoro.
Ma nel caso dei beneficiari del RdC si tratta di meno di uno su trenta. E ancora: “Due beneficiari del RdC su tre hanno elevata probabilità di diventare disoccupati di lunga durata, a fronte di uno su cinque lavoratori che hanno presentato la DID complessivamente”. La verità è che il gruppo dominante dei percettori del RdC, almeno secondo Anpal, è quello senza esperienza lavorativa negli ultimi tre anni, cioè come detto circa 443 mila persone, quasi l’80% dei tenuti agli obblighi.
La probabilità, dunque, di trovare lavoro nell’anno è prossima allo zero, mentre quella di rimanere disoccupati di lunga durata prossima all’80%. Insomma, nei 12 mesi in cui riceveranno l’indennità da 350 euro la maggior parte non avrà possibilità di trovare lavoro. Dopodiché dovrà arrangiarsi. Un vero problema. Intanto, è in arrivo la card “Dedicata a te” con un contributo unico di 382,50 euro per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità, destinata a persone con ISEE fino a 15.000 euro.