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L’abuso d’ufficio non c’è più. O forse sì?

Bruxelles entra a gamba tesa nella politica italiana sull’abrogazione del reato tanto temuto dai sindaci e dagli amministratori locali. Ma la decisione del governo italiano rischia di creare una lacuna normativa in Ue, e potrebbe essere costretta al dietrofront.

Roma – L’Europa entra a gamba tesa nel dibattito italiano sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Dopo il via libera della Commissione Giustizia del Senato che ha approvato l’articolo 1 del ddl Nordio che abroga l’articolo 323 del codice penale, l’Ue frena sulla decisione della politica italiana. Un dibattito che agita da sempre le acque sotto la spinta di centinaia di sindaci e amministratori locali interessati da questo reato. La reazione di Bruxelles è lapidaria e come sempre seguita da una pioggia di critiche.

“Siamo a conoscenza della bozza della legge italiana che propone alcuni cambiamenti alle norme che regolano le violazioni contro la pubblica amministrazione. Questi cambiamenti proposti – tuona il portavoce delle istituzioni europee Christian Wigand – depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero avere un impatto sulla capacità efficace di intercettare i casi di corruzione. Il processo legislativo è in corso e continueremo a seguire gli sviluppi“.

Il simbolo dell’Unione Europea

L’Italia è sotto la lente di Bruxelles ogni due per tre, ma in questo caso la reazione del mainstream politico europeo è stata più tempestiva che mai. A sollevare un gran polverone è un tema assai caldo e delicato, che colpisce molto il Bel Paese: il decadimento morale, sociale e politico. “La lotta alla corruzione è un’alta priorità per la Commissione europea. Abbiamo adottato il pacchetto sull’anticorruzione a maggio – interviene Wigand – per rafforzare la prevenzione e la lotta contro la corruzione”.

Ecco che allora l’Italia diventa il grande osservato speciale. Un fatto che non intimorisce – per non dire che non lo tocca affatto – il governo, né tanto meno il diretto interessato. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha espresso “grande soddisfazione” con “l’auspicio che la parte residua del disegno di legge venga approvata nel minor tempo possibile. L’abrogazione di questo reato evanescente, richiesta a gran voce da tutti gli amministratori di ogni parte politica, contribuirà a un’accelerazione delle procedure e avrà quell’impatto favorevole sull’economia”.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio

A rafforzare gli entusiasmi del Guardasigilli – dati alla mano – è il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, convinto che abolire il reato d’ufficio non salverà ladri e corrotti dalla condanna attraverso le norme già in vigore. Snocciolando i numeri raccolti dal ministero della Giustizia l’esponente azzurro fa notare come nel 2021 siano state indagate per questo reato circa 4745 persone, delle quali 4100 archiviate. Nel 2022 su 4mila indagati ne sono stati archiviati 3500.

Per quanto riguarda le sentenze per abuso di ufficio, invece, ce ne sono state 318 nel 2021, ma solo nove persone sono state condannate. Mentre, nel 2022, i dati riportano solo diciotto condanne. In totale quindi ventisette persone sono state condannate e 10mila indagate ingiustamente. Questo, ha commentato Gasparri, “a dimostrazione di come sia un reato che non ha nessuna funzione pratica”

Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri

Ma quando si configura l’abuso di ufficio? Il reato, previsto dall’articolo 323 del codice penale, punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, procura intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arreca ad altri un danno ingiusto.

I primi a pagarne le spese, ovviamente sono stati i sindaci. A commentare il via libera della commissione del Senato è stato Simone Uggetti, ex sindaco di Lodi: indagato, condannato e poi assolto dall’accusa di turbativa d’asta per una gara sulla gestione delle piscine scoperte della cittadina lombarda. Una vicenda durata sette anni, diventata simbolo delle storture nel rapporto tra politica e giustizia.

“Ci sono normative – ha detto Uggetti – diventate punitive per amministratori e funzionari pubblici. Ad esempio Chiara Appendino come sindaco di Torino ha avuto due condanne su cose di cui de facto non era responsabile. O il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, sospeso due anni e poi rimesso in ruolo. O ancora Giuseppe Sala avrà fatto qualcosa al limite per realizzare in tempo Expo: ma cosa dobbiamo fare, bloccare l’Italia?”, si chiede Uggetti riferendosi ai tanti episodi giudiziari senza riscontro.

L’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti

Un dossier diffuso dal partito di Azione, curato dal responsabile giustizia Enrico Costa, ha messo in risalto almeno 150 casi simili più o meno recenti: uno di questi è la vicenda dell’ex primo cittadino di Agrigento, Marco Zambuto. Indagato per abuso d’ufficio, fece un passo indietro nel 2014 prima che scattasse la legge Severino. Poi, assolto, non poté più ricandidarsi perché secondo la legge regionale siciliana chi si dimette non si può ricandidare allo stesso incarico. Spesso le indagini nei confronti degli amministratori hanno riguardato realizzazioni di strutture, concessione di spazi pubblici, erogazione di contributi e affidamento di servizi.

Chi invece ritiene utile la sopravvivenza del reato di abuso di ufficio è l’Associazione nazionale magistrati: “Ci sono molto esposti e denunce da parte dei cittadini che testimoniano come ci sia un grande bisogno di tutela che questa norma in qualche modo intercetta. Il fatto che ci siano poche condanne è un aspetto che dovrebbe indurre al mantenimento del reato”, è intervenuto Salvatore Casciaro, segretario generale dell’Anm. ”C’è un segmento di questa norma – ha aggiunto – che impone agli amministratori di astenersi quando c’è un interesse proprio o di un prossimo congiunto. Ditemi che senso ha sopprimere anche questa porzione della norma nell’ottica di attenuare la paura della firma”.

Il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro

In ogni caso l’approvazione in Europa della proposta di direttiva del 3 maggio 2023, potrebbe costringere l’Italia a tornare sui propri passi ed introdurre di nuovo la fattispecie appena cancellata. Il richiamo europeo, per il momento, è di natura puramente politica. Qualora l’Italia dovesse abolire il reato d’abuso d’ufficio, da un punto di vista strettamente giuridico non ci sarebbero conseguenze immediate sul piano europeo, visto che si tratta di un tema ancora di competenza nazionale.

Ma le cose potrebbero presto cambiare perché l’Ue sta discutendo l’introduzione di ‘norme minime’ per combattere alcuni crimini e l’Italia rischia di trovarsi ben presto costretta a un dietrofront. La strada più prudente da percorrere, sarebbe stata, probabilmente, quella prospettata dal Presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, Giuseppe Busìa, che aveva suggerito al Governo un ulteriore restringimento della fattispecie senza tuttavia cancellarla, proprio per evitare di creare quel vuoto normativo che porrà il Paese in contrasto con gli obblighi internazionali e con la direttiva Ue.

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