AAA – Manodopera qualificata cercasi

Il mondo del lavoro è cambiato ma ciò non toglie che scarseggino gli specializzati in diversi comparti. Se vogliamo dirla tutta manca anche la voglia di faticare…

La scomparsa degli operai specializzati. Si racconta che nell’antica Grecia il filosofo Diogene di Sinope girava per Atene, anche di giorno, con una lanterna accesa per cercare un uomo che fosse autentico, onesto e che vivesse secondo la propria natura, libero dalle convenzioni sociali. Da qui è nata l’espressione “cerca con il lanternino”, usata per indicare una ricerca molto attenta di qualcosa di difficile da reperire. 

L’analogia del lanternino potrebbe essere usata oggi, molto più prosaicamente di Diogene, per la ricerca di operai specializzati scomparsi dal mercato del lavoro e, quindi introvabili. Pare che nemmeno la famosa trasmissione televisiva per le persone scomparse “Chi l’ha visto?” abbia saputo dare risposte concrete sul fenomeno. Le piccole aziende faticano a reperire varie figure quali carpentieri, gruisti, fresatori, saldatori od operatori di macchine a controllo numerico computerizzato. In alcune città del Nord del Paese il 40% dei colloqui di assunzione fa un “buco nell’acqua”.

Mentre al Sud il fenomeno è meno avvertito. In un mondo ad alta tecnologia e con l’Intelligenza Artificiale (IA), che sembra avere virtù salvifiche, la ricerca di questi mestieri si è trasformata in una sorta di lotta quotidiana. Secondo uno studio a cura dell’ufficio studi della CGIA (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato, l’organizzazione sindacale delle imprese artigiane e di piccole dimensioni), nel 63% dei casi la ricerca di questi lavoratori è stata come scalare l’Everest. Inoltre, quando si è verificato il prodigio, ci sono voluti quasi 5 mesi per l’inserimento del selezionato.

Non esiste nessun altro tipo di lavoro con queste difficoltà per la ricerca di personale e 4 volte su 10 i candidati non si sono presentati. I motivi per cui esiste questo dislivello tra domanda e offerta di lavoro sono vari. Innanzitutto, il cosiddetto “deserto demografico” e l’invecchiamento della popolazione hanno diminuito, numericamente, la forza lavoro. Inoltre le carenze di competenze adatte allo scopo, a conferma dell’annosa differenza tra la formazione scolastica e le necessità delle aziende. Infine, dopo la pandemia, i giovani hanno mostrato una diversa concezione del lavoro. Chiedono flessibilità, autonomia e tempo libero. Sono meno orientati, quindi, a lavori con orari lunghi e particolarmente faticosi e usuranti.

Le specializzazioni sono di difficile reperibilità

I settori dove gli “introvabili” sono più evidenti sono l’edilizia, il legno, il tessile e il metalmeccanico. Bisogna assistere inermi a questo processo in decadimento? Certo che no! Per superare questa fase difficile è necessaria una politica che investa risorse e competenze nell’orientamento professionale, formazione e riqualificazione, incentivi all’assunzione e promozione di lavoro agile e flessibile. Per le aziende, è cruciale creare un ambiente di lavoro positivo e inclusivo, investire nel benessere dei dipendenti e offrire percorsi di crescita professionale.

I lavoratori, d’altra parte, devono aggiornare costantemente le proprie competenze, coltivare relazioni professionali positive, acquisire esperienza e sviluppare capacità trasversali. E, soprattutto, percepire salari più alti. Infine promuovere una comunicazione non discriminante verso certi tipi di lavori con poco “appeal”.

L’immaginario collettivo è invaso da tecnologia e successo, dimenticando che al momento, la prima, non può sostituire una particolare manualità, come dimostra la carenza di operai specializzati!