Si prevede una battaglia a colpi di carta bollata fra il policlinico di Hammamet e la figlia di un imprenditore siciliano morto di Covid a Tunisi. L’ospedale vuole 26mila euro in cambio della restituzione della salma. L’insegnante non molla e si rivolge agli avvocati. Dall’ambasciata italiana a Tunisi una lettera con gli indirizzi di avvocati tunisini a cui rivolgersi. Silenzio della Farnesina.
Hammamet (Tunisia) – Niente soldi, niente salma. Quando si tratta di denaro, specie con l’Italia, la Tunisia non guarda in faccia nessuno. E’ già successo. Per non parlare poi degli accordi sui migranti, a fronte di servizi e contributi economici erogati dal nostro governo e che le autorità di Tunisi non hanno mai rispettato.
Stavolta si tratta della tragica vicenda di un’insegnante di Catania che ha chiesto al Policlinico di Hammamet la restituzione della salma del padre, 65 anni, deceduto per Covid-19 nella struttura sanitaria maghrebina il 7 luglio scorso. L’uomo era stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni che poi sarebbero peggiorate sino a causarne il decesso.
A seguito delle incombenze successive alla morte del genitore, la figlia richiedeva più volte la consegna delle spoglie che le veniva negata se non avesse sborsato, di tasca propria, la bella somma di 80mila dinari che fanno 26mila euro, tondi tondi, in moneta europea.
Tale richiesta veniva giustificata dall’amministrazione dell’ospedale a fronte delle spese sanitarie sostenute per curare il cittadino italiano poi di fatto finito al Creatore.
Considerati i reiterati dinieghi di restituire la salma alla legittima erede affranta dal dolore, la professoressa si rivolgeva agli avvocati Pierpaolo Lucifora e Pilar Maria Dolores Castiglia, del Foro di Catania, i quali, attesa l’evidente illegittimità della pretesa, diffidavano il direttore sanitario pro-tempore del policlinico di Hammamet all’immediata consegna delle spoglie all’agenzia funebre “Eden“, corrente al 75 Avenue Kheireddine Pacha a Montplaisir di Tunisi, incaricata del trasporto della salma sino a Catania, e già pagata per il servizio dall’insegnante, per la degna sepoltura del genitore nella città d’origine.
Gli avvocati etnei chiedevano anche l’intervento immediato del Ministero degli Esteri, nella persona di Luigi Di Maio e dell’Ambasciatore italiano in Tunisia, affinché si facciano parte diligente nella vicenda ad un mese dalla scomparsa del cittadino italiano.
E’ ovvio che se i legali di fiducia della docente non vedranno soddisfatte le esigenze della propria assistita provvederanno ad agire davanti all’autorità giudiziaria competente a cui denunceranno i fatti accaduti e le condotte omissive e commissive poste in essere dai responsabili dell’ospedale tunisino.
Sino ad oggi dalla struttura sanitaria nessuna risposta ma si faceva viva il capo della Cancelleria Consolare dell’ambasciata italiana a Tunisi, Maria Elettra Varrone, con una missiva che lasciava basiti e con un certo amaro in bocca, per dirla pulita:
”… Al fine della riconsegna della salma del signor F.M. è necessario che sia un familiare o erede a recarsi personalmente in clinica, eventualmente assistito da un legale o da un ufficiale giudiziario tunisino – scrive la solerte funzionaria diplomatica – le onoranze funebri non sono titolate a farlo quando sono pendenti regolarizzazioni di natura amministrativo-contabile. Nel caso specifico infatti non possono prendere alcun impegno relativo al saldo delle spese mediche relative al periodo di degenza in rianimazione del signor M. Si informa inoltre che al fine di far valere eventuali azioni legali nei confronti di strutture/enti tunisini. È necessario avvalersi di avvocati tunisini che possano rappresentare gli interessati localmente poiché l’Ambasciata non è competente a svolgere funzioni di rappresentanza di tipo legale. Si inoltra nuovamente la lista degli avvocati tunisini…”.
La vicenda ha preso indubbiamente una brutta piega ma ci si aspettava dalla Farnesina una risposta diretta piuttosto che una lettera di un funzionario d’ambasciata che fa spallucce. Come sarebbe accaduto in altre circostanze.
Trentamila migranti sono sbarcati a Lampedusa in sette mesi, 1 su 4 proviene dalla Tunisia. Nonostante gli accordi bilaterali che il Paese maghrebino non ha mai onorato. Salvo poi a chiederci altri soldi. Come fa per restituirci i morti.