Lo Stato ignora i cittadini coraggiosi

Nonostante le rassicurazioni delle istituzioni per chi denuncia il pizzo non ci sono speranze. Abbandonato e isolato dal punto di vista sociale ed economico il commerciante siciliano chiede protezione e la possibilità di tornare a vivere dignitosamente. Nessuno gli risponde dopo sei anni e più di calvario.

Palermo – “…Mi hanno abbandonato e vivo in gravi condizioni di isolamento sociale e indigenza economica. Rischio di finire sotto i ponti…”. Con grande dignità e coraggio un imprenditore siciliano rinnova la richiesta di aiuto alle istituzioni dello Stato che l’hanno lasciato solo dopo la denuncia e l’arresto dei suoi estorsori.

L’uomo e la sua compagna, il 13 settembre del 2014, subivano una rapina e l’incendio della loro villetta a scopo intimidatorio. Da allora poco o nulla è cambiato per Giuseppe Balsamo, 50 anni, sposato con figli, titolare di un compro oro nel popolare quartiere Noce di Palermo.

Giuseppe Balsamo durante la manifestazione in memoria di Libero Grassi

In quasi sette anni di angosce il gioielliere non si sente sicuro e teme ancora per l’incolumità propria e della sua famiglia ma pare che dopo tante richieste non gli sia stata assicurata la protezione che gli spetterebbe di diritto:

”…Ci aspettavano nel buio e quando stavamo entrando in casa ce li siamo ritrovati alle spalle – ricorda Balsamo con emozione – erano in due, armati e con il passamontagna. Mi hanno costretto ad aprire la cassaforte da dove hanno preso un Rolex, altri gioielli e 5mila euro in contanti. Poi sempre sotto la minaccia delle pistole ci hanno accompagnato in giardino dove ci hanno legati e imbavagliati per poi cospargere di benzina l’abitazione a cui hanno dato fuoco. Se non fosse stato per un vicino di casa che ci ha liberato non so come sarebbe finita. Quando se ne sono andati gridavano: questo è solo un avvertimento, stavolta è finita bene…”.

L’incendio dell’abitazione di Balsamo

In via Fondo Petix 83, nel quartiere Cruillas di Palermo, i vigili del Fuoco impiegavano circa due ore per spegnere l’incendio nella proprietà dell’imprenditore mentre la Squadra Mobile e l’antimafia avviavano le prime indagini rendendosi subito conto della gravissima situazione che poteva essere messa in relazione con la denuncia contro gli estorsori effettuata da Balsamo con la contestuale adesione all’associazione antiracket Addiopizzo.

Da allora Balsamo e la sua famiglia vivono nel terrore anche perché nel quartiere dove risiedono la solidarietà degli abitanti è cosa rara. Ma se anche le istituzioni, nonostante tutte le rassicurazioni del governo Draghi, tendono a mollare i cittadini come Giuseppe Balsamo allora non dobbiamo lamentarci quando nessuno denuncia intimidazioni e minacce con successive richieste di soldi:

”…Siamo commercianti coraggiosi non meritiamo di essere lasciati soli – aggiunge Balsamosei anni e più della nostra vita trascorsi a chiedere una tutela per la nostra vita, una tutela ignorata da tutti come se la nostra vita non valesse niente, perché veniamo classificati di serie B. Non avrei mai pensato di vivere così. Mi sono rivolto a tutti ed ho digiunato a oltranza come atto dimostrativo. Il mio digiuno è stata la conseguenza dell’isolamento e dell’annientamento sociale ed economico voluto e creato scientemente da questo Stato, Stato che ha reso la mia vita e quella dei miei familiari impossibile, uno Stato che finge di dimenticare quei cittadini che fanno il proprio dovere fino in fondo…”.

Delinquenti che si mettono d’accordo per chiedere il pizzo

Accuse gravissime quelle del commerciante riferite però a fatti reali, che sono sotto gli occhi di tutti e che non valgono solo per lui ma anche per altri imprenditori coraggiosi abbandonati al loro destino. Insomma Giuseppe Balsamo chiede protezione tramite una scorta o, comunque, una vigilanza attiva per sé e i suoi familiari che da anni vivono nella paura, privati soprattutto di una vita normale e costretti a guardarsi le spalle.

Pare che Balsamo si sia rivolto anche alla Procura di Palermo con un’istanza ma il documento non sarebbe arrivato all’ufficio competente del ministero dell’Interno:

Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Antonino Caponnetto credevano negli imprenditori coraggiosi

”…Il nostro è ormai uno slogan: non bisogna mai voltarsi dall’altra parte – conclude Salvatore Calleri, presidente fondazione antimafia Antonino Caponnettoil problema però riguarda ciò che accade dopo: ci si guarda intorno e si scopre la solitudine. Lo ricordava anche Falcone: si muore quando si rimane soli o si entra in un gioco molto grande. Occorre snellire le procedure di aiuto nei confronti di chi denuncia. La lotta alla mafia deve essere più rapida della mafia. Ad oggi non è così”.

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