In Olanda, ad esempio, i lavoratori ritengono di ottenere un salario decente e stanno bene. Laddove il benessere dei lavoratori è messo a dura prova iniziano i guai.
I lavoratori dei Paesi Bassi sono i più felici d’Europa! Si è sparsa la voce, si sussurra tra i muri dei corridoi, che i lavoratori di questa parte dell’Europa siano i più felici del Vecchio Continente. Paradossi della vita: saranno pure Bassi i Paesi, ma è alta la soddisfazione di chi ci lavora. Buon per loro! E’ il risultato di una ricerca su 16 mila lavoratori in 16 Paesi europei e 15 comparti lavorativi, curata da SD Worx, un importante fornitore europeo di software e servizi per la gestione delle Risorse Umane e delle paghe.
Lo studio ha evidenziato che i lavoratori olandesi dei servizi amministrativi e ausiliari hanno pochi motivi per lamentarsi. Lo fa solo il 14,5%, mentre i lavoratori dei servizi di pubblica utilità raggiungono il 17% e i dipendenti pubblici il 23%. Ad un’analisi estesa ad altri Paesi, è emerso che in Slovenia il 74,7% dei lavoratori sanitari ha dichiarato di sentirsi avvilito. Al 2° posto nella classifica delle lamentele si sono piazzati i lavoratori dell’ospitalità in Germania, al 3° quelli della scuola in Svezia.
E’ proprio vero che la diversità delle opinioni dipende dai punti di vista. Questa considerazione è stata confermata dal 49% dei lavoratori europei che si sentono sottopagati. Lo stesso quesito posto, invece, ai datori di lavori, ha espresso una percentuale del 64% che ha dichiarato di elargire retribuzioni più che eque. Il malcontento sui propri salari è stato manifestato da alcuni Paesi dell’est Europa, tra cui i lavoratori sloveni per il 60%, i serbi 59% e i croati 58%. Tutti con la stessa motivazione: gli stipendi sono inferiori ai loro meriti.
Come si è visto, invece il 60% dei lavoratori del Belgio e Paesi Bassi non ha mostrato alcuna perplessità sul fatto di guadagnare in maniera congrua. Così come si ritengono soddisfatti per il 58% i romeni e per il 57% i britannici. Nel Regno Unito i datori di lavoro sono del parere di dare una “giusta retribuzione” ai loro dipendenti, manifestando una differenza di ben 20 punti percentuali sui salariati. Percentuale che è la più alta d’Europa. I settori di cui i lavorati manifestano più insoddisfazione a livello europeo sono quello sanitario, scolastico e manifatturiero.

Quelli, invece, i cui emergono basse lamentele sono finanza, amministrazione ed edilizia. Lo studio ha confermato il gender gap salariale, già emerso in altre analisi. Infatti in tutti i Paesi le preoccupazioni retributive sono un privilegio (si fa per dire) delle donne. Tuttavia, tra il management europeo, in generale, pare non esserci consapevolezza ad affrontare il gender pay gap. Non è tra le tematiche più urgenti da trattare.
Gli obiettivi sono, secondo una sorta di decalogo: il “benessere dei dipendenti“, la “fidelizzazione e il turnover“, il “reclutamento“, il “coinvolgimento dei dipendenti“, la “retribuzione e i benefit“, il “lavoro ibrido” e la “comunicazione interna e la trasparenza“. Interessa molto meno, se non per nulla, il processo strategico di costruzione e gestione dell’identità unica e riconoscibile dell’azienda. Più o meno è emerso uno spaccato di vita, una rappresentazione significativa dell’ambiente lavorativo a livello continentale, seppur il campione esaminato non può essere la fotografia della realtà.
Ancora una volta, comunque, i dati hanno confermato ciò che era già intuibile. Ossia che i lavoratori sono più soddisfatti là dove il welfare state regge, mentre soffrono dov’è lacerato.