Nobel tutto vecchio, altro che nuovo

Il prestigioso riconoscimento rischia di trasformarsi in un banale premio come tanti altri e le ragioni sono molteplici. Fra i premiati non c’è Donald Trump, ci teneva tanto…

L’innovazione tecnologica è il carburante per la crescita economica. Anche quest’anno sono stati assegnate i premi Nobel per i vari campi dello scibile umano. I destinatori dell’ambito riconoscimenti sono personalità che si sono distinte in vari campi (medicina, fisica, chimica, letteratura, economia, pace) con studi e scoperte che hanno portato benefici per l’intera umanità. Le scoperte e le opere devono essere innovative, avere un impatto significativo e, nel caso delle scienze, essere state ampiamente verificate e confermate dalla comunità scientifica. 

Particolare interesse ha suscitato il Nobel per l’Economia dato a Joel Mokyr, Philippe Aghion e Peter Howitt: “per aver spiegato la crescita economica guidata dall’innovazione”. Secondo questa visione la tecnologia è il non plus ultra per un’economia rispettosa dei dettami ambientalistici e per migliorare le condizioni di vita dei cittadini su tutto il pianeta. Per realizzare questo processo i vincitori dell’ambìto riconoscimento, hanno ideato un modello matematico, in cui emerge un andamento tortuoso della relazione tre tecnologia e crescita.

Gli esperti lo definiscono “distruzione creativa” attraverso cui: un nuovo prodotto o metodo produttivo irrompe nel mercato, fase della creazione; le aziende obsolete subendo cospicue perdite, vengono espulse dalla concorrenza, fase della distruzione. Questa capacità del nuovo di sostituirsi al vecchio è una strategia per eludere la stagnazione. Questo sistema per produrre una notevole crescita economica e non cessare di esistere ha bisogno che si realizzino due aspetti importanti: la comprensione scientifica, una società aperta alle novità, capace di governare i contrasti.

Affinché l’innovazione sia operativa, bisogna comprenderne i motivi. E’ un passaggio che si basa su nuove conoscenze e invenzioni, per sostenere un sistema di innovazione che si crea da sé. Una condizione essenziale di questa visione è una società pronta ai mutamenti. Nella fase in cui il nuovo avanza, la vecchia struttura imprenditoriale mostra forti resistenze, per cui, in mancanza di una politica che sappia governare una fase critica come questa, l’innovazione rischia di fermarsi, causando la stagnazione economica.

Trump e il Nobel in una vignetta del grande Santamaria

Questo concetto, secondo la scienza economica, è una situazione di crescita del PIL molto bassa, nulla o addirittura negativa per un periodo prolungato, che porta a un arresto o a un rallentamento significativo della produzione e del reddito nazionale. Si manifesta con un’economia che non progredisce, e in contesti di lunga durata, può portare a una diminuzione del benessere, della domanda e dell’occupazione. Un po’ quello che stiamo vivendo in Italia.

Alla disamina della Commissione assegnatrice dei Nobel si potrebbe esclamare con la frase idiomatica “Niente di nuovo sotto il sole”, nel senso che, come la storia ha confermato, le vicende umane, sia positive che negative, tendono a ripetersi nel tempo, tanto che nulla è veramente una novità. Sorprende che un consesso autorevole di eminenti scienziati abbia fornito una motivazione così banale e generica. Tradendo una delle condizioni con le quali si assegna il premio, ossia che le opere devono essere innovative.

Che cosa c’è di tale in una teoria in cui si afferma che il nuovo sconfiggerà il vecchio, che resistendo potrà provocare conflitti? E’ quello che è successo da quando è sorta la civiltà umana, con le diversità dovute dai contesti storici. La domanda rimarrà, sicuramente, senza risposta, perché in Svezia, dove vengono assegnati i premi non leggono ilgiornalepopolare.it Ce ne faremo una ragione!