Dall’ossessione estetica alla marginalizzazione della menopausa: il report di WeWorld denuncia come il corpo femminile sia ancora un campo di battaglia tra controllo sociale e autodeterminazione.
Il corpo delle donne, soprattutto da quando si è imposta la civiltà (!) delle immagini, è sempre stato considerato un oggetto da idolatrare, marginalizzando l’aspetto dell’autonomia e della libertà. Con lo sviluppo della pubblicità è stato triturato dal consumismo massmediatico più bieco. WeWorld, un’organizzazione non governativa (ong) italiana indipendente che lavora in 27 Paesi, tra cui l’Italia, per promuovere e garantire, attraverso progetti di Cooperazione allo Sviluppo e Aiuto Umanitario, i diritti di donne, bambini e comunità locali, ha presentato il report dall’eloquente titolo “Il corpo politico. Autonomia corporea e menopausa tra potere, resistenza e cura collettiva”, durante il WeWorld Festival XIII, che si è tenuto a BASE Milano il 26, 27 e 28 maggio.
Il tema centrale si è focalizzato sull’impatto della pressione estetica, della menopausa e sull’immagine corporea delle donne. Il WeWorld Festival, giunto alla sua tredicesima edizione, è un evento annuale che affronta tematiche legate alla condizione femminile in Italia e nel mondo, con l’obiettivo di promuovere il cambiamento e l’azione concreta. Ancora oggi, è emerso dal rapporto, l’identità femminile viene confinata nel ruolo riproduttivo, all’interno della famiglia, con esclusione dalla vita pubblica.

La maternità è stata fagocitata dal concetto di produttività, per cui le performance devono essere eccellenti anche nel lavoro a casa. La gravidanza è ambita dall’85% del campione, ma nella realtà pesa come un macigno la considerazione sociale, secondo cui una donna in attesa deve abbandonare il lavoro prima possibile. Sull’aborto sono stati riscontrati dei passi indietro, tanto che le percentuali favorevoli superano di poco il 50%. E poi c’è il mito della bellezza, in realtà mai tramontato, riproposto da stereotipi sostenuti soprattutto dai mass media. Il modello dominante a cui si aspira: magrezza, pelle chiara, mancanza di imperfezioni e forma splendida.

Si ripete sempre lo stesso “refrain”: le donne vengono invitate a concentrare le loro energie sul proprio corpo per allontanare il loro interesse da altro. Questo processo finisce per farle sentire inadatte e, alla lunga, causa danni alla loro salute mentale e ne risente pure il “portafoglio”, dato che i costi per i cosmetici, accessori vari e pratica dello sport non sono proprio bassi. Per quasi il 40% degli intervistati l’età incide più sulle donne, che sono quindi più soggette all’esclusione sociale e professionale. Inoltre la menopausa, un evento naturale che può riguardare fino ad 1/3 della vita, è ancora oggi, nell’era dell’Intelligenza Artificiale (IA), coperta dall’oblio non solo sociale ma anche sanitario. Perché le donne sono da sempre considerate abili solo per l’aspetto fisico e finché in grado di procreare. Interrotto questo processo diventano “inutili” o “indifferenti”.
Infine, il silenzio sul corpo delle donne è una limitazione della loro libertà che le marginalizza. Perciò il corpo è “politico”, per cui la soluzione deve essere collettiva e condivisa da politica, gruppo sociale e famiglia. Ma gli indizi che provengono da molti Paesi, Usa in testa, vanno nella direzione opposta: sono stati tagliati, infatti i fondi per maternità, infanzia e sessualità. Spirano brutti venti reazionari!