I nativi digitali sono stanchi del digitale. Una ricerca del BSI rivela che metà dei ragazzi tra 16 e 21 anni avrebbe voluto crescere senza la rete. Tra social, videogiochi e privacy a rischio, la Generazione Z mostra nuove fragilità (e consapevolezze).
La Generazione Z, i nati tra il 1997 e il 2012, i primi a crescere con Internet e i social media, tanto da essere definiti “nativi digitali”, hanno rappresentato una transizione culturale significativa tra il passato e il futuro. Una generazione cresciuta con i social, streaming, YouTube e quant’altro prodotto dalla tecnologia e che si trova a suo agio nei mari procellosi del web, avrebbe preferito un contesto senza internet.
Sembra sorprendente, contro le aspettative generali, eppure è quanto emerso da una ricerca a cura del gruppo BSI (British Standards Institution), con sede centrale in Inghilterra e filiali in 120 Paesi. Si tratta di un ente di normazione, certificazione e formazione internazionale che opera a livello globale sotto accreditamento di diversi Enti nazionali e internazionali. La metà dei ragazzi tra i 16 e 21 anni sottoposti ad indagine ha dichiarato che avrebbe preferito crescere senza web. Un fatto che desta stupore vista la loro dimestichezza coi device tecnologici essendo stati cresciuti a pane e internet. Ormai è diventato consuetudine trascorrere le giornate abbarbicati ai loro aggeggi tecnologici, trasformatisi, ormai, in un’estensione dei sensi.

I numeri parlano chiaro: la metà dei ragazzi, per almeno tre ore, trascorre il tempo sui social e solo il 5% riesce a fermarsi dopo mezz’ora. Oltre che dai social, i ragazzi sono attratti dai videogiochi, con cui oltre il 30% dei ragazzi investe 2 ore del proprio tempo libero. Addirittura il 10% va oltre le 4 ore. Nonostante i ragazzi siano assorbiti dal mare magnum della tecnologia, il 43% riesce a ritagliarsi del tempo per fare sport, musica o altro per 3 ore al giorno, mentre il 37% preferirebbe incontrare gli amici personalmente e non tramite videochiamate.
Al di là del tempo trascorso sui device, secondo gli autori della ricerca, i ragazzi mostrano delle lacune nel districarsi tra i rischi del web. Il 40% ha dichiarato di essere convinto di riconoscere un profilo fake, il 38% comprende l’utilizzo finale dei propri dati personali e il 40% è a conoscenza del funzionamento degli algoritmi.

La privacy è un altro argomento tabù, il punto debole dei ragazzi. Infatti, solo il 61% ha gli strumenti necessari per cambiare le impostazioni di sicurezza e circa il 50% ignora gli arnesi per accertare la reale identità di chi sta dall’altra parte dello schermo. Le risposte non sono state tutti uguali, com’era ovvio che fosse. Le ragazze hanno manifestato più pessimismo, il 52% di esse, infatti, eliminerebbero di buon grado la rete delle reti, Internet. Tra i maschi, invece, il quoziente è del 40%.
I ragazzi sono molto più creduloni e affascinati e, quindi, restano impigliati facilmente nella rete? Non proprio. Con molta probabilità, le ragazze devono fronteggiare il lato più squallido del web, dal cyberbullismo all’esaltazione del corpo perfetto, allo stalking sui social. Quasi la metà del campione ha dichiarato di voler essere aiutato per essere protetto sul web, però un altrettanta quota sostiene di non aver bisogno di… badanti tecnologici! Una generazione, quindi, che non ha paura di evidenziare le proprie fragilità, ma anche la determinazione della sua autonomia digitale. D’altronde, hanno… voluto la bicicletta e, ora, non resta che pedalare. Non ci sono tante alternative!