longevità

I ricchi inseguono l’immortalità: il nuovo business è vivere (più) a lungo

Dalla genetica all’ossigenoterapia, il culto della longevità è diventato un’industria d’élite. Ma la scienza solleva dubbi, e intanto il mondo resta pieno di disuguaglianze

Che qualsiasi individuo, appartenente anche a ceti sociali diversi, desideri vivere a lungo e in buona salute è un fatto scontato, ovvio, banale. Chi è povero, tuttavia, incontra più difficoltà, proprio per la condizione sociale, a realizzare le proprie aspettative. Come è conclamato che le classi ricche vivono meglio e a lungo. Questa sorta di binomio sta assumendo forme di un vero e proprio business perché molte persone danarose stanno investendo ingenti risorse finanziarie alla ricerca di mezzi atti a rallentare il naturale invecchiamento e, quindi, la morte.

D’altronde la ricerca dell’immortalità è stato un concetto ricorrente in molte culture antiche e moderne, spesso associato a miti, religioni e filosofie. Basta ricordare gli antichi egizi e i greci. Se è vero che in questo lungo viaggio verso l’eternità sono coinvolti settori importanti come la medicina e la genetica, è altrettanto vero che molte pratiche adottate per vivere di più, di scientifico non hanno nemmeno l’approccio.

Le terapie vanno dai caschi per la crescita dei capelli alla ossigenoterapia iperbarica, passando per test genetici per stimare la velocità di invecchiamento dei tessuti

Comunque, si tratta di terapie o presunte tali dagli esosi costi, che hanno innescato una brutale competizione tra le aziende per accaparrarsi i finanziamenti dei privati, oltre a diffonderne l’uso tra le persone ricche. In questo processo non poteva mancare l’irruzione del marketing, che sentendo odore di possibile business, si comporta come le iene quando sentono l’odore del sangue delle loro prede ed iniziano a produrre ipersalivazione, pregustando il lauto banchetto.

La parola vincente è “longevità” e in giro per il mondo è possibile trovare hotel e cliniche per il benessere su cui campeggia il cartello con su scritto a caratteri cubitali “Longevity”. Dando un’occhiata alle offerte per i clienti, sono da segnalare: caschi per la crescita dei capelli e per aiutare la concentrazione; ossigenoterapia iperbarica, con cui si respira ossigeno puro a una pressione superiore a quella atmosferica (è lo stesso metodo usato dalla medicina subacquea in caso di embolie); test genetici per lo studio dell’invecchiamento dei tessuti. Secondo gli esperti intorno alla proliferazione di questi test si sente solo il profumo dei soldi, della scienza nemmeno l’ombra.

Una metà dell’umanità cerca di vivere un giorno in più, l’altra non arriva alla fine del mese.

Il “gioco”, tuttavia, ha sedotto molti miliardari, al punto che, secondo il Financial Times (prestigioso quotidiano economico-finanziario londinese) si è verificata una trasformazione del paradigma culturale nei confronti del mercato del lusso legato alla longevità. Qualche decennio fa lo “status symbol” di una persona molto ricca era mostrare di essere oberato di impegni per vantarsene con la concorrenza. Ora, invece la tendenza è far sapere in giro il punteggio ottenuto praticando certe terapie o i trattamenti usati contro l’invecchiamento.

Il mercato del settore ha raggiunto numeri da capogiro. Negli USA le stime indicano un valore di 21,3 miliardi di dollari nel 2024, mentre entro il 2035 potrebbero schizzare a 63 miliardi. Ma la comunità scientifica, in tutto questo bailamme sulla longevità, sente puzza di bruciato. In primis ogni individuo di qualsiasi specie ha un limite d’età. In secondo luogo, gli studi seri, rigorosi, affidabili sul tema sono ancora all’inizio. Il resto sono “affari” ammantati da pseudo-scientificità. Se la metà del denaro investito da questi ricchi imprenditori, più per soddisfare il proprio ego e mania di grandezza, fosse stato utilizzato per combattere i mali del mondo, fame, carestie, malattie, questo sì che sarebbe stato rivoluzionario. Il resto è paranoia da ricchi!

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