Clima impazzito, danni certi e costi elevati: l’Italia paga caro il cambiamento climatico

Frane, alluvioni e siccità hanno causato danni per 134 miliardi. L’ISTAT lancia l’allarme. Ma perché paghiamo più per riparare che per prevenire?

Ormai ci si sta abituando, purtroppo, ai danni causati dal cosiddetto “clima impazzito” che sta causando eventi climatici estremi. Si tratta di tempeste violente (cicloni, uragani, tempeste di neve, trombe d’aria); forti precipitazioni e inondazioni (alluvioni, allagamenti): siccità (periodi prolungati di carenza di acqua); ondate di calore (periodi con temperature eccezionalmente elevate); incendi (a causa dell’asciutto e del caldo); ondate di freddo (periodi con temperature eccezionalmente basse).

Le cause principali sono l’effetto serra e  il riscaldamento globale, ma le politiche adottate, finora, per ridurre l’uno e l’altro non hanno sortito gli effetti sperati. Se fosse un’Olimpiade l’Italia… occuperebbe un ottimo 2° posto, sul podio con una medaglia d’argento. Disgraziatamente non si tratta di un evento sportivo.

Una delle prime cause per cui nel Belpaese un forte temporale rischia di provocare una frana è dovuta alla sua struttura geomorfologica.

Ma secondo l’ultimo rapporto Istat ci si trova in quella posizione per i danni economici provocati dagli eventi climatici estremi. Oltre il 30% dei comuni nazionali hanno almeno un parametro di rischio con tutti gli effetti negativi sul tessuto produttivo del territorio. Ma, oltre il danno la beffa: si spende di più per i danni provocati e, di fatto, è carente una politica di difesa del suolo e del territorio. I danni negli ultimi 50 anni dovuti a catastrofe naturali ammontano a 134 miliardi di euro.

Il calcolo dipende dall’entità delle economie europee. La Germania è prima in classifica: medaglia d’oro, per 180 milioni di danni. Tuttavia, ci sono casi come la Francia, con una florida economia, ma con un territorio quasi il doppio di quello italiano. La sua struttura geologica presenta molte pianure, meno abitanti e consumo di suolo, con molti canali che trattengono le esondazioni dei fiumi. Malgrado questa conformazione, i danni sono stati elevati, 130 miliardi di euro, medaglia di bronzo, 3° posto. Una delle prime cause per cui nel Belpaese un forte temporale rischia di provocare una frana è dovuta alla sua struttura geomorfologica. Essendo in gran parte montuoso, c’è una forte densità di popolazione nelle grandi città e con le attività economiche diffuse in pianura e sulle coste.

I danni negli ultimi 50 anni dovuti a catastrofe naturali ammontano a 134 miliardi di euro. Chi paga? Noi (e le assicurazioni ci guadagnano)

Si comprende come in caso di calamità naturali il rischio sociale ed economico sia più elevato. Infatti, il 18,2% della produzione economica si determina in zone geografiche esposte ad alluvioni, frane, allagamenti e terremoti. Mentre il 15,1% dell’incremento di valore che si genera in un processo produttivo o di servizio avviene dove c’è un alto pericolo di frane. In virtù di questi fatti, forse, si suole dire “l’economia italiana sta…crollando!

In una visione più mercantilistica che di salvaguardia del territorio, il rafforzamento degli argini dei fiumi e la costruzione di strutture idrauliche progettate per raccogliere e rilasciare gradualmente le acque piovane durante forti precipitazioni, impiegano molto tempo per funzionare.

La strategia più efficace e celere sarebbero le assicurazioni catastrofali, che coprono i danni causati da calamità e proteggono i beni e le attività imprenditoriali. Il governo ha approvato una norma per renderle obbligatorie. Poiché gli eventi climatici dannosi si stanno ripetendo con forza, costeranno, di sicuro, un occhio della testa. A tutto vantaggio delle assicurazioni che gongolano ed ingrassano!

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