L’aggiornamento professionale sanitario sotto la lente: obbligo o opportunità?

Sempre più sanitari vedono l’ECM come un dovere etico. Ma tempo, stanchezza e modalità d’esame rischiano di ridurne l’efficacia reale.

L’aggiornamento professionale in ambito sanitario, una grande opportunità. In Italia, dal 2014, vige l’obbligo, per chi è iscritto ad un ordine professionale, di frequentare dei corsi di aggiornamento. Questo vale, a maggior ragione, per i professionisti della sanità, che infatti sono obbligati ad aggiornarsi dal 2002. Sono noti con l’acronimo ECM, Educazione Continua in Medicina, orientati al mantenimento di un elevato livello di conoscenze relative alla teoria, pratica e comunicazione in campo sanitario.

L’ECM comprende l’insieme di organizzazione e controllo delle attività formative di chiunque lo desideri effettuare, da società scientifiche a fondazioni, a reparti, università ed associazioni.  Sulla validità dei corsi è stata effettuata un’indagine dal Club Professione Sanitarie, un’associazione di professionisti del settore nata per condividere conoscenze, sviluppare nuove competenze, ottenere supporto e promuovere i propri interessi.

Secondo una recente ricerca, per il 47% degli operatori i corsi ECM sono una buona opportunità di aggiornamento

E’ emerso che per il 47% degli operatori i corsi ECM sono una buona opportunità di aggiornamento, però il 67% ha manifestato la difficile conciliazione col tempo a disposizione per frequentarli e il 24% ha auspicato una maggiore praticità. Quindi un atteggiamento più che ottimistico nei confronti della formazione, non tanto per un obbligo formativo, quanto per un dovere deontologico, tenendo presente il fine ultimo, ossia il benessere dei pazienti.

L’obbligo di frequentare un numero di corsi di aggiornamento professionale annui prevede una serie di crediti formativi da raggiungere. Quindi, non ci si meraviglia più di tanto che al di là delle buone intenzioni, ciò che spinge alla frequenza è proprio il raggiungimento del numero di crediti, in mancanza dei quali si corre il rischio, in teoria, di incorrere in sanzioni disciplinari, che possono andare dall’avvertimento alla sospensione dall’albo. La modalità preferita per effettuare i corsi è quella online, la famosa Formazione a Distanza (FAD) proprio per la semplicità di accesso.

Dopo la frequenza di un corso ECM è previsto un esame finale per ottenere i crediti formativi. Ma se non lo si passa?

Inoltre per i costi e il prestigio dell’erogatore del servizio. Dopo la frequenza di un corso ECM è previsto un esame finale per ottenere i crediti formativi. Questo esame è solitamente online e si presenta come un test a risposta multipla con un punteggio minimo da raggiungere (ad esempio, rispondere correttamente al 75% delle domande). Il test serve a valutare la comprensione e l’apprendimento dei contenuti del corso ECM, garantendo che i professionisti sanitari abbiano acquisito le conoscenze necessarie per l’aggiornamento professionale. Senza voler mettere in discussione la scientificità dell’esame, nei corridoi delle aziende ospedalieri si sussurra che per una buona parte di prove vengono offerte molte possibilità di ritentare il test, fino a quando non si raggiunge il minimo garantito.

Un altro aspetto poco dibattuto è che, spesso, questi corsi si svolgono alla fine dei turni di lavoro che, con la carenza di personale sia medico, infermieristico e di supporto, sono massacranti. E’ facile immaginare che la soglia di attenzione non può essere alta, anzi molto scarsa, per cui anche la comprensione del tema discusso non può che raggiungere pessimi livelli. E’ vero che sono online, però con questi chiari di luna, è molto complicato poterlo svolgere quando si è al lavoro. E’ difficile stabilire che efficacia abbiamo avuto sui professionisti. Si ha la sensazione del forte rischio che una parte di essi possano essere erogati all’acqua di rose!

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