L’aria che respiriamo è sempre più irrespirabile. Eppure, si continua a ignorare l’emergenza sanitaria e ambientale.
Tira proprio una…brutta aria! L’aria che circonda l’atmosfera terrestre, lo sanno pure i sassi, è irrespirabile. L’inquinamento ha raggiunto, ormai, livelli fuori misura con tutti gli effetti devastanti per la salute e l’ambiente, tra cui malattie respiratorie, cardiovascolari e cancerogene. Inoltre, contribuisce al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità. Le principali fonti di inquinamento atmosferico sono le attività industriali, il traffico veicolare, gli impianti di riscaldamento e gli incendi boschivi. Vale a dire: si respira aria per ammalarsi!
Le soluzioni adottate non hanno prodotto benefici, come ha confermato il data base svizzero IQAir (azienda di tecnologia per la qualità dell’aria) che ha monitorato la qualità dell’aria in 138 Paesi. Ci sono Paesi che vanno male, altri malissimo. Solo in 7, Australia, Nuova Zelanda, Bahamas, Barbados, Grenada, Estonia e Islanda sono stati soddisfatti gli standard internazionali di qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La situazione potrebbe essere anche peggiore considerato che, non dappertutto, esistono stazioni per la rilevazione dei dati. Inoltre, gli USA, hanno dichiarato di voler togliere i sensori di qualità dell’aria appoggiati sulle ambasciate o consolati statunitensi, per improvvisi “vincoli di bilancio”.

Gli effetti sull’Africa saranno devastanti, visto che non esistono altre fonti pubbliche per la rilevazione dei dati. L’inquinamento inasprisce il processo in atto con le temperature sempre più alte, da cui scaturiscono incendi boschivi sempre più intensi che hanno interessato il sud-est asiatico e il Sud America. In dettaglio, è da registrare qualche piccolo progresso: è cresciuta la quota che rispettano i livelli delle famigerate polveri sottili, al 17%, nel 2023 al 9%.
Anche in India, dove ci sono 6 delle 10 città più inquinate al mondo e in Cina la qualità dell’aria è in miglioramento, seguendo un percorso virtuoso, se così si può dire, iniziato nel 2013. Uno degli aspetti più controversi è l’assenza di memoria, non solo storica, ma proprio quella relativa agli avvenimenti. Oggi di inquinamento se ne parla a qualunque ora del giorno e della notte. E’ cresciuta, quindi, la conoscenza del fenomeno e si è più allertati di fronte a certi stimoli dei sensi, che, in fine dei conti, confermano solo a che punto si è arrivati, come lo smog che si annusa e alcuni giorni sembra più nauseabondo. Oppure, quando da lontano si nota una nube maestosa, una miscela di fumo e nebbia che con aria minacciosa si avvicina a noi per stritolarci. Malgrado tutto questo, è un’impresa invertire la rotta.

Le abitudini sono sempre quelle, l’auto, smog o non smog, si usa anche quando se ne potrebbe fare a meno. Non si riesce ad avviare un processo virtuoso. Eppure, in Italia, le morti annue a causa dell’inquinamento atmosferico sono state ben 80mila.
E’ stato calcolato che in una città come Bologna, ogni 10 microgrammi in più di polveri sottili vuol dire un aumento dell’1% del rischio di infarto. Solo una politica di cooperazione tra governo centrale e amministrazioni locali può produrre strategie alternative per modificare lo status quo. Ma pare che da questo orecchio la politica faccia finta di non sentire!