Braccialetto elettronico, il “tacon” del ministro Nordio è peggio del “buso”

Il Guardasigilli ammette il parziale flop del dispositivo e scarica sulle vittime l’onere della difesa: “Cercare un rifugio sicuro, una farmacia o una chiesa”.

Per dirla alla veneta, Nordio è trevigiano, xe pèso el tacon del buso, cioè è peggio la pezza del buco, il rimedio del male. Nel rispondere al question time al Senato sul funzionamento del braccialetto elettronico, il ministro della Giustizia ha detto una cosa vera, ammettendo senza giri di parole che lo strumento introdotto per salvaguardare la sicurezza delle vittime, impedendo agli aguzzini di avvicinarsi al loro target (nella stragrande maggioranza dei casi una donna) senza far scattare un allarme, non sempre si è dimostrato adeguato. Non dice una cosa falsa il ministro quando spiega che le forze dell’ordine spesso non arrivano nei tempi utili per impedire la tragedia. Allo stesso modo è capitato che il braccialetto non funzionasse, fosse scarico, che il segnale non scattasse in tempo utile. Sbagliato e pericoloso, quindi, spacciarlo per la soluzione definitiva, l’argine alla straripante violenza di genere. E’ uno strumento utile, ma perfettibile. Il “buso”, quindi, per tornare a dirla alla veneta, è l’evidente inadeguatezza del solo strumento elettronico.

Da qui in avanti però le ragioni di Nordio deragliano e il “tacon” proposto dal ministro è grottesco, se non addirittura pericoloso. Dice il Guardasigilli che la vittima, sentito l’alert del braccialetto, e compreso l’avvicinarsi del suo persecutore e potenziale killer, dovrebbe cercarsi un posto sicuro, “una chiesa, una farmacia, un rifugio, perché molto spesso le forze dell’ordine non sono in grado di arrivare”. In poche esiziali parole il ministro non solo ribalta ancora una volta sulle vittime l’onere della difesa e dipinge uno Stato che alza le mani di fronte ai violenti e agli assassini. Nordio si spinge oltre: fornisce consigli non richiesti che potrebbero rivelarsi letali. Che vuol dire cercarsi un rifugio sicuro? Sentito l’allarme, abbandonare il proprio appartamento o il luogo di lavoro e avventurarsi, magari di notte, al buio, da sole, alla ricerca della farmacia di turno o del luogo di culto? E questo senza sapere a che distanza sia l’aggressore, con il tragico risultato di finirgli in bocca agevolandogli il lavoro, e intanto allontanarsi dall’unico posto in cui le forze dell’ordine potrebbero davvero raggiungerle?

Da un uomo di legge, Nordio è un ex magistrato, soprattutto da un ministro della Giustizia, sarebbe lecito aspettarsi di più. Magari ammettere, come spiegato nella sua replica dalla presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli, che “il problema non è il dispositivo in sé, ma l’assenza di un sistema strutturato ed efficiente per la sua gestione. È necessario che le forze dell’ordine siano dotate non solo di strumenti tecnologici, ma anche di personale dedicato al monitoraggio, formato con competenze specifiche sulla valutazione del rischio, sulla recidiva e sulla protezione delle vittime”. Potevano anche risultare, in costante ristrettezza di risorse, parole al vento, ma almeno non puzzavano di pressapochismo e improvvisazione.

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