Oltre 4mila persona in marcia a Corchiano contro il deposito di scorie nucleari nella Tuscia

Cittadini, politica e associazioni mobilitati per dire “no” ad un progetto che “sacrifica il territorio a servitù ambientali”.

Viterbo – Corchiano, un piccolo comune nel cuore dei Monti Cimini in provincia di Viterbo, oggi è stato il teatro di una straordinaria manifestazione popolare: oltre 4mila persone hanno partecipato alla marcia “No Scorie” organizzata dal movimento “Tuscia in Movimento” e dal Comitato di Viterbo “No Scorie Nucleari nella Tuscia”. L’iniziativa, partita alle 10.30 dalla piazza del Comune, ha visto un corteo lungo oltre un chilometro attraversare un percorso ad anello di circa 2 chilometri, toccando l’area protetta del Parco delle Forre, per dire un secco “no” all’ipotesi di realizzare nella Tuscia un deposito nazionale di 95mila metri cubi di scorie radioattive.

In testa al corteo, la sindaca di Viterbo Chiara Frontini, affiancata dai primi cittadini di quasi tutti i 60 comuni della Tuscia, dal presidente della Provincia Alessandro Romoli e da consiglieri regionali come Enrico Panunzi, Daniele Sabatini e Giulio Zelli. La presenza di migliaia di cittadini, associazioni, comitati e biodistretti, con centinaia di bandiere e striscioni, ha testimoniato l’unità del territorio contro la proposta della Sogin, la società di Stato incaricata di individuare siti per il deposito nazionale, che ha indicato 21 aree idonee nella sola Tuscia, di cui due a Corchiano e tre a Montalto di Castro.

“Siamo qui perché c’è un territorio che non vuole più sottostare a politiche nazionali che cadono dall’alto”, ha dichiarato Romoli durante il suo intervento. “Un territorio che manifesta fragilità ambientali e sanitarie, ma che ama la sua terra, già provata da troppe servitù”. Romoli ha ringraziato i sindaci per il fronte comune, sottolineando che “la Tuscia ha già dato tutto”.

La protesta si fonda su motivazioni scientifiche, ambientali, economiche e sociali, riassunte in numerosi documenti elaborati da comitati, esperti e accademici. Tra i principali argomenti emerge la fragilità geologica del territorio : la Tuscia, di origine vulcanica, presenta un alto grado di radioattività naturale, rischi sismici e falde acquifere superficiali, fattori che aumentano il pericolo di contaminazione radioattiva.

La provincia di Viterbo, inoltre, è la prima nel Centro Italia per incidenza di tumori, come sottolineato dall’oncologo Angelo Di Giorgio. L’Ordine dei Medici di Viterbo ha definito il deposito “incompatibile” con il territorio. Non solo: l’agricoltura biologica, il turismo e i siti archeologici, eccellenze della Tuscia, subirebbero un danno irreversibile, come denunciato dalla Cia Lazio Nord, che ha aderito alla marcia.

La selezione dei 21 siti è stata giudicata “arbitraria” da geologi e comitati, basata su cartografie obsolete e senza coinvolgimento delle comunità locali. Inoltre, la proposta di stoccare scorie a bassa, media e alta attività in un unico deposito di superficie viola le normative internazionali IAEA e ISPRA. Famiano Crucianelli, presidente del Biodistretto della Via Amerina e delle Forre, ha ribadito che il deposito “infliggerebbe un colpo mortale a una terra ricca di riserve naturali e patrimonio culturale”.

La marcia di Corchiano segue quella del 6 aprile a Vulci e quella del 25 febbraio 2024, quando 2.500 persone protestarono contro il progetto. La recente dichiarazione del ministro Pichetto Fratin, che ha definito “superata” l’idea di un deposito unico nazionale, è stata accolta come una parziale vittoria dai comitati, ma non ha fermato la mobilitazione. “Vogliamo fatti, non parole”, ha dichiarato il Comitato di Viterbo, annunciando ulteriori azioni, tra cui ricorsi al TAR e richieste di incontro con il governo.

La mobilitazione di Corchiano non è solo una protesta, ma una proposta per un modello di sviluppo sostenibile, che valorizzi agricoltura biologica, turismo e cultura anziché sacrificare il territorio a “servitù” ambientali.

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