Federico Perissi e Mor N’Diaye erano in auto assieme diretti in Austria. Poi la discussione e l’assassinio. La confessione dopo l’arresto a Ferrara.
Firenze – Ci sono la vittima e il carnefice, reo confesso, di una brutale delitto, per giunta ripreso dalla dash cam della Yaris rossa di Federico Perissi, guardia giurata fiorentina di 45 anni, ammazzato nella notte tra il 13 e il 14 aprile 2025 vicino al lago di Bilancino, a Barberino del Mugello. La vittima dunque, e poi il carnefice: Mor N’Diaye, 41enne di origini senegalesi ed ex campione di arti marziali noto come Jamie Mike Stewart, che ha confessato dopo un rocambolesco arresto a Ferrara per tentato furto d’auto.
Le immagini non mentono: una lite per futili motivi, mentre i due erano a bordo della Yaris, degenera in un’aggressione letale con una pistola scacciacani e una pietra. Il corpo di Perissi finisce sotto un cavalcavia coperto di sangue e detriti, nello stesso posto dove gli inquirenti lo scoprono nella tarda serata di lunedì. Ci sono la vittima, il carnefice e perfino il film dell’omicidio, eppure al puzzle del delitto mancano ancora delle tessere. A partire dal movente che ha armato la mano del killer, fino al motivo di quel viaggio insieme.
Sembra che Perissi e N’Diaye si conoscessero anche se i contorni della loro amicizia sono ancora tutti da approfondire. Resta il fatto che l’auto su cui viaggiavano era diretta in Austria per una vacanza. Anche il presunto omicida era nell’ambiente della sicurezza, dalle prime ricostruzioni pare che lavorasse in un negozio di lusso in centro, come vigilante all’ingresso. Padre di una bambina piccola e in attesa della seconda figlia, viveva in una casa a Campi Bisenzio accanto alla famiglia della compagna incinta. Se non l’ambiente lavorativo, con il suo assassino Perissi non aveva apparentemente nulla in comune. Amici e parenti escludono una conoscenza precedente, eppure i social dicono altro: i due a quanto pare si seguivano a vicenda.
Torniamo a domenica sera. Durante il viaggio qualcosa va storto. Tra le 22 e mezzanotte Perissi ferma l’auto lungo via del Lago. La dash cam, montata sul parabrezza, riprende la discussione degenerare: i due scendono, N’Diaye colpisce Perissi con una scacciacani, per poi finirlo con una pietra, fracassandogli il cranio. Il corpo, riverso in una pozzanghera, viene parzialmente occultato con sacchi di plastica e detriti sotto un cavalcavia.
Dopo il delitto, N’Diaye guida la Yaris per circa sei ore, un “buco” temporale ancora da chiarire. Alle 06.50 di lunedì 14 aprile tampona un tir sull’A13 tra Ferrara Sud e Nord, finendo in un burrone. Abbandonata l’auto, fugge a piedi coperto dalle sole mutande e raggiunge Ferrara percorrendo 2,5 km. In città ruba vestiti in una piscina comunale e si rifugia in una tenda esposta al Decathlon. Alle 9 tenta di rubare l’auto di una donna in un parcheggio, ma viene fermato dalla Polizia dopo una colluttazione. Ferito e alterato, con macchie di sangue sul corpo, viene portato all’ospedale Sant’Anna, dove farnetica: “Ho ucciso un uomo a colpi di pietra”. Ha ancora le due carte di credito di Perissi e ai poliziotti indica il posto esatto dove ha lasciato il corpo.
Nato a Genova e residente a Campi Bisenzio, Mor N’Diaye era noto come Jamie Mike Stewart nel mondo delle arti marziali, dove aveva conquistato titoli giovanili. Ma il suo curriculum include anche precedenti penali. Il 4 aprile 2025, era stato arrestato a Firenze, fuori dal locale Strizzi Garden a Novoli, per aver sequestrato un conoscente, minacciandolo con una pistola scacciacani e trasportandolo alle Cascine. In quell’occasione, la polizia trovò 18 dosi di cocaina nascoste in una torcia. Rilasciato ai domiciliari senza braccialetto elettronico per un ritardo burocratico, N’Diaye era libero di muoversi, incontrando Perissi per il viaggio fatale. La sua instabilità, unita alla scacciacani (non ritrovata), potrebbe aver innescato la reazione della vittima, ma il movente resta oscuro.
Federico Perissi, 45 anni, viveva a Firenze, in zona Due Strade, con la madre. Guardia giurata e delegato regionale del Sav (Sindacato Autonomo di Vigilanza), era descritto come affidabile e riservato. La sua scomparsa, segnalata giorni prima, aveva mobilitato colleghi e familiari. La presenza della valigia e la destinazione austriaca suggeriscono un viaggio pianificato, ma la natura del loro rapporto è ancora al vaglio degli inquirenti, che non escludono nessuna pista.