Il World Happiness Report 2025 incorona ancora la Finlandia come il Paese più felice al mondo. L’Italia scivola al 40° posto. Ma cosa rende felici i popoli del Nord Europa?
E sono 8: tanti sono gli anni consecutivi che la Finlandia raggiunge il primo posto tra i paesi più felici al mondo, almeno secondo il World Happiness Report (WHR), presentato all’inizio di marzo. Si tratta del consueto rapporto sulla felicità annuale a cura di un gruppo di esperti a livello mondiale. Le nazioni più felici vengono selezionate secondo una serie di indicatori individuali e collettivi. Già quantificare la felicità fa storcere il naso a molti, in quanto si tratta di un concetto troppo astratto, aleatorio e, quasi, indefinibile per essere concretizzato.

Sarà, forse, per questo che esistono mille modi per definirla e viene valutata più come uno stato emotivo collettivo che individuale perché la “felicità avulsa dal contesto, non è tale”. Per la natura imponderabile del concetto, i metodi utilizzati per il calcolo della felicità non sono condivisi da tutti nella comunità scientifica. Comunque, a prescindere dalle varie visioni, la Finlandia, ancora una volta, ha raggiunto il primo posto. La nostra Italietta, invece, il 40°.
Il rapporto è presentato dall’ONU dal 2012. La classifica viene stilata in base a un sondaggio su un campione rappresentativo di cittadini adulti appartenenti a 146 Paesi, che devono valutare il loro grado di felicità, utilizzando una scala da 1 a 10. La Finlandia, ha raggiunto un voto medio di 7,7, mentre la media mondiale di 5,6 e quella dell’ultimo Paese, l’ Afghanistan, di 1,4. Dopo la Finlandia, si trovano altri Paesi scandinavi, quali Svezia, Islanda e Danimarca.
Guarda caso, Paesi del Nord Europa dove, un tempo, esisteva un eccellente “welfare state”. Sarà un caso se quando i servizi dello stato assistenziale sono efficaci è più alto anche il livello di felicità percepito? Poiché le sole valutazioni delle persone intervistate non sono sufficienti a dare un quadro completo del fenomeno, gli autori del report hanno utilizzato altri indicatori quali: il PIL (Prodotto Interno Lordo, la ricchezza delle Nazioni), l’aspettativa di vita, le condizioni di salute, la libertà d’espressione e di stampa, il livello di corruzione. Comunque, anche in altri tipi di ricerche sociali si è riscontrato come i Paesi del Nord Europa siano ritenuti i più stabili e sicuri, con un livello medio-alto di vita. Caratteristiche, queste che senz’altro incidono non poco sulla percezione della felicità da parte delle persone.

In un articolo apparso su “The Economist”, il maggior quotidiano politico-finanziario inglese, è stato evidenziato come i Paesi scandinavi siano anche quelli in cui il peso delle donne in politica e nel lavoro sia tra i più rilevanti tra i Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e dove esistono politiche che attuano la parità di genere e i servizi di sostegno ai genitori che lavorano. Così come sono in forte calo i suicidi, malgrado qualche decennio fa si riteneva che fossero in aumento proprio per la presenza continua e costante di un welfare che pensava quasi a tutto e irregimentava la vita delle persone.
Si può, senz’altro, affermare che c’è un rapporto molto stretto tra la ricchezza prodotta da uno Stato e la percezione della felicità dei suoi cittadini. Più è alto, più sono soddisfatti. E poi dicono che i soldi non fanno la felicità. Altroché, se la fanno. Quanto meno non la ostacolano! Anche se poi, ci sono delle eccezioni a questo assunto. Come nel caso di alcuni Paesi dell’America Latina in cui il tasso di felicità percepito dalle persone è più altro del PIL prodotto. Infine, l’organizzazione sociale, il senso di comunità e una politica tesa al bene collettivo sono fattori determinanti nella costruzione del concetto di felicità. Sull’Italia al 40° posto: meglio stendere un velo pietoso!