Omicidio di Iris Setti, chiesto l’ergastolo per Chukwuka Nweke

La 61enne fu brutalmente uccisa, stuprata e derubata in un parco a Rovereto. La difesa del nigeriano: “È incapace di intendere e volere”.

Trento – Un crimine di una ferocia inaudita. Così il pubblico ministero di Rovereto, Fabrizio De Angelis, ha descritto l’omicidio di Iris Setti, 61 anni, avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 agosto 2023 nel parco Nikolajewka della città trentina. Alla sbarra Chukwuka Nweke, 38enne di origine nigeriana, accusato di aver brutalmente ucciso la donna. La richiesta della Procura è chiara: ergastolo con un anno di isolamento diurno, nessuna attenuante, riconosciute tutte le aggravanti. Il processo, giunto alla terza udienza, si svolge davanti alla Corte d’Assise di Trento, con il giudice Rocco Valeggia a presiedere.

L’imputato, difeso dall’avvocato Andrea Tomasi, deve rispondere di omicidio volontario aggravato, violenza sessuale e rapina. Secondo la ricostruzione dell’accusa, la sera della tragedia Nweke avrebbe prima aggredito un ospite del centro di accoglienza “Il Portico”, per poi avventarsi su Setti. L’attacco mortale si sarebbe consumato in pochi minuti: la prima segnalazione alle forze dell’ordine è arrivata intorno alle 22, poco dopo l’assalto.

Dai rilievi emerge un quadro agghiacciante: 49 colpi inferti a mani nude, seguiti da uno stupro e dalla sottrazione di un anello d’oro. “Non c’è dubbio sulla volontà omicida dell’imputato. La violenza esercitata è andata ben oltre quella necessaria a sopraffare la vittima”, ha dichiarato il pm De Angelis. Il referto autoptico ha evidenziato fratture multiple, tra cui quella al dito su cui si trovava il gioiello sottratto, e una lesione riconducibile alla violenza sessuale.

Sul piano psichiatrico, la Procura non ha dubbi: Nweke era perfettamente lucido. Sottoposto a diverse visite specialistiche, nessun medico ha rilevato patologie psichiatriche. Respinta anche la teoria del cosiddetto “morbo di Koro”, una credenza diffusa in alcune regioni dell’Africa. In aula, i familiari di Iris Setti, costituitisi parte civile, assistono al dibattimento rappresentati dagli avvocati Andrea De Bertolini, Giovanni Rambaldi e Manuela Biamonte, quest’ultima difensore anche dell’aggredito al centro d’accoglienza. Assente, invece, l’imputato.

La difesa insiste sulla non imputabilità dell’uomo. “Non c’è alcun dubbio sulla responsabilità dell’omicidio, ma il tema è la capacità di intendere e di volere. In quei momenti, Nweke era in uno stato di totale alterazione“, ha sostenuto l’avvocato Tomasi. A sostegno della sua tesi, il legale ha citato il rapporto sull’intervento della polizia: per immobilizzarlo fu necessario un uso ripetuto del taser, con 12 scariche di avvertimento, due colpi diretti e altre 47 scosse. Dopo l’arresto, venne sedato e continuò a ricevere trattamenti anche in carcere.

Al di là dell’esito del processo, il futuro di Nweke appare segnato. Carcere o Rems, ma in nessun caso tornerà in libertà. “Se giudicato capace di intendere, sconterà la pena in carcere, dove continuerà ad assumere psicofarmaci. Se dichiarato incapace, verrà internato in una struttura psichiatrica giudiziaria”, ha concluso Tomasi. La difesa, assunta pro bono, non nega la pericolosità sociale dell’imputato, ma chiede di considerare le circostanze del suo stato mentale.

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