“Ti spezziamo in due e ti gettiamo dalla finestra”: avvocato e maresciallo falsi nell’escalation di terrore: in manette un 35enne napoletano.
Roma – La poetessa Gemma Bracco, 80enne moglie dell’ex ministro Paolo Baratta, è stata vittima di una truffa e di una rapina: un finto maresciallo e un finto avvocato le hanno portato via circa 3 milioni di euro. L’episodio risale al 4 ottobre dello scorso anno, ma è emerso solo ora perché uno dei presunti responsabili, un 35enne napoletano, è stato arrestato con l’accusa di truffa e rapina aggravate. La donna è stata raggirata con la scusa di una presunta querela alla figlia, che l’80enne avrebbe potuto evitare pagando una somma di denaro.
“Si sieda perché le devo comunicare una brutta notizia”. È così che esordisce il primo interprete di questa truffa con escalation di violenza, durata oltre sei ore il 4 ottobre 2024. La narrazione di un raggiro poi degenerato in rapina in abitazione, sembra il copione di un cortometraggio, ma è purtroppo la cronaca di un episodio reale ai danni della donna, che ha vissuto un pomeriggio da dimenticare. Gli attori, nel complesso, sono due: un finto avvocato e un finto maresciallo dell’Arma dei Carabinieri. A conclusione delle indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Procura di Roma, ieri mattina uno degli autori – un 35enne napoletano – è stato arrestato, in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip che ha disposto nei suoi confronti la restrizione cautelare in carcere.
La storia inizia con la notizia del presunto fermo della figlia della vittima presso una caserma dei Carabinieri di Venezia, accusata di aver investito una donna. Dall’altro capo del telefono, un presunto avvocato incalza l’anziana con una prima richiesta di denaro, pari a 6.500 euro, per evitare una querela contro la giovane. Stordita dall’ansia e dall’apprensione, la vittima cade nel tranello e consegna ai truffatori la somma richiesta e alcuni monili in oro. Ma la trama continua. Il presunto avvocato chiede alla donna il numero di cellulare, anticipando la chiamata di un maresciallo che avrebbe seguito il caso. Inizia così una escalation della truffa: le chiamate si susseguono, i complici accedono più volte all’interno dell’abitazione della donna. Convinta di dover aiutare la figlia, l’anziana apre persino la cassaforte e consegna lingotti d’oro ai malviventi.
I truffatori, come spesso accade, vietano alla vittima di contattare altri familiari. Quando scoprono che la donna attende un ospite, la convincono a farlo accomodare al piano superiore, affinché ignori ciò che sta accadendo. Dopo ore di pressione, la vittima riempie una borsa in tela con oggetti in argento di famiglia e, seguendo pedissequamente le istruzioni, li consegna ai truffatori in strada, sotto una pioggia battente, a tarda sera. La sequenza di scene si svolge con una progressione fraudolenta incessante, in cui nulla è lasciato al caso. Non manca una deriva violenta: nel tardo pomeriggio, uno dei truffatori entra in casa e minaccia la vittima, afferrandola per un braccio e prospettandole violenza. Le grida che la “spezzerà in due” e la “scaraventerà dalla finestra”, mentre saccheggia cassetti e mobili. Per bloccare ogni possibile richiesta d’aiuto, i malviventi occupano tutte le linee telefoniche della donna, sia fissa che mobile, evitando che possa contattare qualcuno e interrompere il pactum sceleris. Il bottino è ingente: 3 milioni di euro, tra contanti, gioielli e lingotti d’oro.
La scoperta della truffa avviene quando, terminata l’ultima chiamata, la vittima riesce finalmente a contattare la figlia. Quest’ultima, giunta in casa, si rende conto dell’accaduto e chiama la Polizia. Le indagini riconducono a un uomo originario dell’hinterland partenopeo, incastrato dalle immagini di videosorveglianza del palazzo della vittima. La sua fisionomia, tracciata nella banca dati delle Forze di Polizia, fornisce il primo indizio, poi confermato dagli sviluppi investigativi. A incastrarlo definitivamente è stato proprio il telefono del truffatore, lo stesso strumento usato per mettere a segno il crimine.
All’uomo vengono contestati i reati di truffa e rapina, entrambi aggravati dall’aver agito all’interno delle mura domestiche della vittima. In un frangente, il 35enne avrebbe persino scaraventato la donna su una sedia, minacciandola di tirargliela addosso. All’esito dell’attività coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, per lui è quindi scattato il fermo di polizia giudiziaria per rapina aggravata. Sono tutt’ora in corso approfondite indagini per individuare i complici che hanno agito in concorso nel reato.