Disposto il rinvio del caso alla Corte d’Appello di Trieste perché valuti le eventuali responsabilità della casa produttrice, una multinazionale del settore che ha ritirato il farmaco dal mercato nel 2010.
Trieste – La Corte di Cassazione ha disposto il rinvio del caso alla Corte d’Appello di Trieste per chiarire le eventuali responsabilità legate alla vicenda di una donna che, da oltre dodici anni, è impegnata in una battaglia legale per dimostrare che le gravi condizioni di salute che l’hanno resa dipendente dalla sedia a rotelle siano conseguenza dell’uso prolungato di una pasta adesiva per protesi dentali.
Secondo quanto riportato dal Messaggero Veneto, la donna, residente nella Bassa Friulana e oggi cinquantenne, ha visto respingere le sue richieste sia in primo grado nel 2019 sia in appello nel 2022. Tuttavia, nel dicembre 2024, la Cassazione ha stabilito che un’altra sezione della Corte d’Appello di Trieste debba riesaminare il caso per accertare se vi siano responsabilità da parte dell’azienda produttrice, una multinazionale del settore biofarmaceutico.
L’assistita, seguita dall’avvocato Andrea Dri, avrebbe fatto uso costante della pasta adesiva tra il 2006 e il 2010 per fissare la propria protesi dentale. Il legale sostiene di aver ottenuto riscontri scientifici secondo cui l’elevata concentrazione di zinco nel prodotto avrebbe determinato una drastica riduzione dei livelli di rame nell’organismo, causando conseguenze neurologiche gravi. Questo squilibrio avrebbe portato la donna a sviluppare una mieloneuropatia ipocuprica, condizione che l’ha resa invalida.
Dai vari accertamenti medici condotti nel corso degli anni sarebbe emerso un nesso tra l’uso intensivo della pasta adesiva e l’insorgere della patologia. L’azienda produttrice aveva inserito avvertenze sugli effetti collaterali derivanti da un uso eccessivo del prodotto, ma secondo l’avvocato Dri tali indicazioni non sarebbero state sufficientemente chiare da permettere ai consumatori di valutare consapevolmente i rischi. Una posizione, questa, condivisa anche dalla Cassazione nelle motivazioni della sentenza. Il quotidiano ricorda, infine, che la multinazionale ha ritirato il prodotto dal mercato nel 2010.