Il segreto per combattere lo stress sul lavoro? È dire “basta” agli straordinari

Il lavoro in più è tra le principali cause di burnout. Sempre più dipendenti, soprattutto giovani, rifiutano incarichi extra per preservare il proprio benessere psicofisico.

Negli ultimi anni si è diffusa la tendenza per cui i lavoratori dipendenti vengono sottoposti alle famose 12 fatiche di Ercole per conciliare lavoro e vita privata. Se nella mitologia greca e romana l’eroe deve attraversare questa sorta di forche caudine per espiare la grave colpa di aver causato la morte della propria famiglia, nella società odierna, gli eroi moderni, i lavoratori, sono costretti a fare i salti mortali per rispondere alle continue pressioni del management. E’ comprensibile che l’equilibrio tra lavoro produttivo e improduttivo, ossia tra l’attività che si svolge per campare e esigenze familiari sembra di essere un miraggio.

Questo conflitto rischia di trasformarsi in burnout, definito come un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo. Pertanto, il lavoratore che ne è vittima, arriva al punto di “non farcela più” ed è insoddisfatto e prostrato dalla routine quotidiana. Per questi motivi e nell’estremo tentativo di difendersi, ora i dipendenti iniziano a rinunciare al lavoro straordinario. Uno studio diffuso da Resume Now, un sito web che aiuta gli aspiranti lavoratori a costruire un curriculum vitae e una lettera di presentazione per rendere più convincenti le proprie competenze e professionalità, ha rilevato che il 65% non desidera assumersi incarichi aggiuntivi di lavoro.

Il lavoratore vittima di burnout arriva al punto di “non farcela più” ed è insoddisfatto e prostrato dalla routine quotidiana

Tra i più giovani, dai 25 anni in giù, che hanno manifestato riluttanza verso il lavoro straordinario, la percentuale ha raggiunto il 77%, sentendosi legittimati al rifiuto. Ci si trova, dunque, in uno stato di perenne conflitto con possibili danni per la salute mentale delle persone coinvolte. Un contrasto evidente, nella vana ricerca di trovare la quadra tra le aspettative del lavoro e la vita personale. Malgrado i lavoratori cercano in tutti i modi di trovare l’equilibrio che non li faccia fagocitare nel vortice del burnout, i possibili effetti dell’influenza del lavoro straordinario sul proprio benessere psico-fisico, rappresentano una fondamentale apprensione.

Inoltre, se è vero che c’è chi dice no al lavoro extra, ce ne sono ancora tanti che nicchiano per insicurezza. I lavoratori maschi, per il 69%, si sono sentiti convinti nel rifiutare ulteriori lavori e responsabilità, mentre le lavoratrici un po’ meno, 62%.

I lavoratori giovani sarebbero i più propensi a rifiutare il prolungamento dell’orario di lavoro.

E’ emerso un aspetto interessante riguardante i lavoratori giovani, che sono i più propensi a rifiutare il prolungamento dell’orario di lavoro. Ebbene, il 45% ha dichiarato di sentirsi confortato dal diniego, ma allo stesso tempo, il 26% è pentito di aver frapposto dei paletti. Secondo gli autori dello studio il management aziendale potrebbe fare molto per il benessere dei propri dipendenti: programmi di sostegno, da cui i lavoratori avrebbero più potere decisionale, a beneficio, soprattutto, dei professionisti nella seconda fase della carriera e delle donne; carichi di lavori controllabili; le decisioni del management devono comprendere quanto possono incidere emotivamente quelle sulle modalità del lavoro; riconsiderare l’assegnazione dei compiti lavorativi;  procurare ai dipendenti gli arnesi per controllare le aspettative, diminuire lo stress e far crescere la produttività.

Non ci è dato sapere quali siano gli strumenti per il benessere dei lavoratori. Qualora ci fossero, come ha evidenziato il report, lo scopo ultimo è sempre la produttività aziendale e non certo la solidarietà umana. D’altronde è nell’essenza dell’impresa, altrimenti si trasformerebbe in una società di mutua assistenza!

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