In un report il bollettino di morte: 81 erano uomini e 2 donne, con un’età media di circa 40 anni; 47 gli italiani e 36 i detenuti stranieri.
Roma – Dall’inizio del 2024 sono stati 83 i suicidi di detenuti registrati dal Dap, mentre 20 sono i decessi
per cause da accertare. E’ quanto emerge dal report – con dati aggiornati a ieri – pubblicato dal Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà, nel quale si osserva che “si tratta di un dato elevato rispetto allo stesso periodo di dicembre 2023 in cui si registrarono 66 suicidi (con un aumento di 17 decessi) e al mese di dicembre del 2022 (di 2 decessi)”. Due casi di suicidio sono avvenuti all’esterno degli istituti penitenziari: uno presso la camera di stazionamento della cittadella giudiziaria di Salerno, l’altro ha riguardato un detenuto della casa di reclusione di Gorgona durante un permesso premio.
Nel dossier si rileva che, delle 83 persone morte per suicidio, 81 erano uomini e 2 donne, con un’età media di circa 40 anni. Quanto alla nazionalità, 47 erano italiane (circa il 56,62%) e 36 straniere (pari al 43,38%), provenienti da 15 diversi Paesi, mentre, per quanto riguarda la posizione giuridica, 35 erano state giudicate in via definitiva e condannate (42,17%), 9 avevano una posizione ‘mista con definitivo’, cioé almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso, 32 persone (38,56%) erano in attesa di primo giudizio, 2 ricorrenti, 4 appellanti e un internato provvisorio.
Il report analizza anche la durata della permanenza presso l’istituto in cui è avvenuto il suicidio: 45 persone (pari al 54,22%), si sono suicidate nei primi 6 mesi di detenzione; di queste, 8 entro i primi 15 giorni, 6 delle quali entro i primi 5 giorni dall’ingresso in carcere. Analizzando i dati relativi agli eventi critici, si legge ancora nel documento del Garante, è stata rilevata la presenza di eventuali fattori indicativi di fragilità o vulnerabilità: ciò ha fatto emergere che 47 persone (pari al 56,62%) erano coinvolte in altri eventi critici e, di queste, 21 (25,30%) avevano precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio. Inoltre, 15 persone (18% dei casi) erano state sottoposte alla misura della ‘grande sorveglianza’ e, di queste, 6 lo erano anche al momento del suicidio.
Con riferimento ai reati, dall’analisi è emerso che la maggior parte delle persone che si è tolta la vita in carcere (43, pari al 51,80%) era accusata o era stata condannata per reati contro la persona: 14 per omicidio (tentato o consumato), 12 di maltrattamento in famiglia e 6 di violenza sessuale. Gli istituti di pena in cui si sono verificati i suicidi sono 54 (pari al 28,42% del totale delle strutture penitenziarie): 47 case circondariali e 5 case di reclusione. Il maggior numero dei casi di suicidio (11) dall’inizio dell’anno è avvenuto in Campania, seguita da Veneto (9), Lombardia e Toscana (8), Emilia Romagna, Lazio e Piemonte (7), Liguria e Sardegna (6), Abruzzo, Calabria, Sicilia e Puglia (3), Marche e Umbria (1). Le sezioni maggiormente interessate sono state quelle a custodia chiusa, con 64 casi (pari al 77,11%), mentre in quelle a custodia aperta sono stati registrati 17 casi (pari al 20,49%).
Anche il Rapporto Caritas 2024 è intervenuto sul dramma ormai noto dei suicidi in carcere e del sovraffollamento. E ha lanciato l’allarme sulle criticità che investono il sistema penitenziario, come la difficoltà di gestione e di avvio di attività educative, mirate al reinserimento delle persone. Nel 2024 (fino al 30 settembre), i detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari italiani risultano 61.862, a fronte dei 51.196 posti disponibili. Le persone in esubero sono dunque oltre 10mila. Nel 2024 (fino al 3 novembre) sono stati registrati 78 suicidi, il dato si sta purtroppo avvicinando a quello dell’annus horribilis (2022) che ne ha fatti registrare 84. Le misure di comunità andrebbero fortemente incentivate perché hanno una forte valenza sociale e di impatto: si abbassa la recidiva, sono strumento di reinserimento nella comunità, rappresentano una possibile risposta al sovraffollamento.
Nel 2024 (fino al 30 settembre) sono 222.518 le persone in carico all’UEPE (Ufficio per l’esecuzione penale esterna) che stanno eseguendo oppure hanno richiesto le misure di comunità. Di questi: 50.189 le persone in messa alla prova (misure di comunità); 46.094 le persone che sono in affidamento in prova al servizio sociale; 21.771 in detenzione domiciliare; 1.933 in uno stato di semilibertà. E ancora, emerge nel Rapporto, le attività legate all’inserimento di chi ne beneficia assorbono numerose Caritas diocesane, pertanto, si è deciso di condurre uno studio qualitativo al fine di approfondire alcuni aspetti attraverso gli occhi e le voci di chi ne usufruisce: sono stati condotti 17 colloqui in profondità e un focus group con i referenti giustizia, coinvolgendo le Caritas diocesane di Firenze, Cuneo- Fossano, Palermo, Trani-Barletta-Bisceglie e Verona.