Al centro l’esame di come i media raccontano la violenza sulle donne, evidenziando pregiudizi. L’importanza del linguaggio e delle iniziative per cambiare la narrazione.
La violenza sulle donne viene raccontata dai mass media ancora con stereotipi. Ogni anno il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’ONU, in ricordo del terribile assassinio delle tre sorelle Mirabal avvenuto durante il regime dominicano di Rafael Leonidas Trujillo nel 1960. Ma, come succede spesso, ogni volta che si celebra un fenomeno, si assiste ad un suo inasprimento.
Negli ultimi quattro anni si sono verificati circa 600 femminicidi, pari a una donna uccisa ogni due giorni, numeri da genocidio. Tuttavia, la violenza sulle donne viene, ancora, raccontata dai mass media, in modo stereotipato. E’ quanto emerso dal progetto “STEP le parole giuste”, che si propone di indagare gli stereotipi e i pregiudizi che colpiscono la donna vittima di violenza in ambito giudiziario e sulla stampa. Il progetto STEP è realizzato dall’Università degli Studi della Tuscia in partnership con l’Associazione Differenza Donna Ong. Si avverte la mancanza di un quadro complessivo del fenomeno, concentrandosi sempre, o quasi, sulla vittima. Spesso l’atto violento viene considerato una fatalità, non come effetto della tracotanza maschile. Però, se il violento è un extracomunitario, ci si concentra su di lui, sulle sue origini etniche, quando è noto che chi commette violenza è uno di famiglia. La tendenza è quella di considerare la violenza come frutto di problemi di salute mentale, avulsa dal contesto storico, sociale e culturale.
Secondo il “Global Gender Gap Report”, che fornisce un quadro in cui viene mostrata l’ampiezza e la portata del divario di genere in tutto il mondo, l’Italia occupa l’87esimo posto al mondo, su 146, per parità di genere. A conferma dell’aleatorietà dei diritti delle donne. Secondo il progetto, viene raccontata sola parte più evidente, tralasciando il contesto. Mentre i dati della Polizia di Stato dicono che la violenza domestica alle donne sia quella più diffusa da parte maschile, sulla stampa ci si è concentrato sull’aspetto della violenza sessuale, che rappresenta l’1% dei casi. Le donne vengono descritte come spaventate e riconosciute col sole nome di battesimo, omettendo il proprio titolo di studio e professione, cosa che non avviene per gli uomini. Il progetto STEP segue il solco tracciato dalla Convenzione di Istanbul, che, come è noto, è un trattato internazionale contro la violenza sulle donne e quella domestica. Inoltre, si propone di prevenirla, favorire la protezione delle vittime ed impedire l’impunità dei colpevoli. L’Italia l’ha ratificata nel 2013. Il progetto, inoltre, ha considerato importante la formazione dei giornalisti e giornaliste, puntando sul linguaggio da utilizzare e da assimilare, stando attenti all’uso e al significato delle parole.
Il progetto prevede, inoltre, nel suo percorso, meeting con assistenti sociali e polizia municipale della Capitale per sensibilizzarli sul tema. Anche i dipendenti di Roma Capitale saranno formati sull’argomento allo scopo di accrescere la cognizione del fenomeno e dei suoi effetti sociali. Saranno prodotti vademecum a favore di operatori sociali e della comunicazione, un prontuario con le linee guida sull’uso del genere nel linguaggio amministrativo del Comune di Roma e tutto un vario materiale rivolto ai giovani. Iniziative del genere sono sempre da apprezzare, perché da qualche parte bisogna iniziare, non si può assistere con indifferenza a quella che è una vera e propria carneficina. E’ chiaro che senza l’intervento sinergico delle istituzioni politiche e dell’associazionismo sociale, qualsiasi iniziativa rischia di vanificarsi!