L’imprenditore Carlo Besostri alla guida di Seed-Italia spiega come riconoscere un prodotto sano da un altro che sembra uguale, ma non lo è.
Pavia – Oltre sei consumatori su dieci (il 64%) hanno fatto almeno un acquisto nei primi tre mesi del 2024 in un mercato contadino. È quanto emerge da una analisi Coldiretti/Noto Sondaggi diffusa in merito ai dati Istat sul commercio al dettaglio nel febbraio scorso, che evidenziano una crescita dei beni alimentari del 3,9% in valore e dello 0,4% in volume. Non solo, le vendite dirette del cibo locale e gli acquisti a km zero tagliano anche del 60% lo spreco alimentare rispetto ai sistemi alimentari tradizionali secondo l’Ispra e garantiscono un contributo importante alla lotta contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici. Fautore e testimonial della cultura del Km zero è Carlo Besostri, imprenditore agricolo del settore risicolo della Lomellina, che in nome di un modello di agricoltura fortemente legata al territorio ed ecosostenibile, ha ideato e realizzato, diventandone il presidente, l’impresa sociale S.E.E.D. (acronimo di Semina, Educa, Evolvi, Dona).
La scelta di prodotti a Km 0 quali vantaggi comporta?
“Prima di tutto è una scelta di vita, una filosofia – esordisce il presidente Besostri – Il progetto di S.E.E.D. ha tra i suoi punti cardini l’educare. Educhiamo noi stessi, i nostri figli, le nostre generazioni, le nostre comunità, i clienti finali a rapportarsi all’ambiente e alla natura in modo più rispettoso. A riconoscere un rapporto sano e biologico da un prodotto che sembra uguale, ma non lo è. Ad avere pazienza e aspettare, proprio come fanno i contadini, per avere un territorio più pulito, alimenti più puliti e una vita più pulita. Questa nuova mentalità, questo ‘nuovo patto’ fra noi e l’ambiente ha il potere di far evolvere in modo in cui concepiamo tutta l’agricoltura. È un vero progetto di cambiamento che può aiutarci a fare un salto quantico verso un futuro più equilibrato e sostenibile. Per questo cerchiamo alleati partner che si uniscano a noi, che condividano questa visione“.
Questa filosofia di vita sta rispondendo in termini di numeri e di risultati?
“Secondo l’analisi di Coldiretti, il 73% degli intervistati ritiene, infatti, che comprare direttamente dall’agricoltore sia la via più sicura tra tutte le forme di distribuzione – continua Besostri – dal supermercato al web. Gli acquisti direttamente dal produttore sono soprattutto garanzia di benessere e salute e della provenienza certa di quello che si porta in tavola. Coldiretti lo sa bene, e infatti con la mobilitazione partita dal Brennero ha lanciato una raccolta di firme per una legge europea di iniziativa popolare con l’hashtag #nofakeinitaly per estendere l’obbligo dell’indicazione dell’origine su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Ue. In questo sistema di mercato in cui ci sono le minacce e le incursioni dei cibi sintetici e si perde di vista la qualità per lasciare spazio alla quantità, la tracciabilità del prodotto diventa essenziale. “.
Acquistare direttamente dall’agricoltore, o comunque nei mercati locali, ha anche una funzione sociale oltre che di scelta di benessere?
“Di certo c’è una funzione sociale – conclude il presidente Besostri – quella che spinge alla riscoperta della vita di comunità, che in primo piano vede la consapevolezza dei consumatori nella scelta dei prodotti, promuovendo l’educazione alimentare, diffondendo la conoscenza dei territori. Come ha evidenziato Coldiretti nell’analisi dei primi tre mesi del 2024, le vendite dirette del cibo locale e gli acquisti a km zero tagliano anche del 60% lo spreco alimentare: ad esempio è stato calcolato infatti che un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall’Argentina deve volare per più di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto, attraverso il trasporto aereo. Da qui si comprende l’importanza della diffusione della cultura del Km 0″.