Il segretario del sindacato di polizia Di Giacomo: “In 10 mesi situazione sempre più fuori controllo”. La denuncia dei penalisti a Bari.
Roma – “In questi dieci mesi – da gennaio ad ottobre – del 2024 l’emergenza carcere” nei 23 istituti siciliani ha raggiunto il livello storico più allarmante di sempre determinando una situazione del tutto fuori dal controllo dello Stato”. Lo sostiene il segretario generale del Sindacato di polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo annunciando che comincia oggi il suo tour tra le carceri della Sicilia. Nel corso del tour, Di Giacomo incontrerà il personale e i giornalisti per rilanciare la campagna a tutela degli agenti penitenziari. Complessivamente i 23 istituti siciliani – dove i detenuti al 30 ottobre sono 6893 su una capienza di 6439 con situazioni più gravi a Palermo-Lorusso con 1408 detenuti su una capienza di 1165, Catania-Piazza Lanza con 423 su 279 e Siracusa con 674 su 545 – sottolinea Di Giacomo – sono i peggiori in Europa e li avvicinano a quelli sudamericani.
“La situazione si scarica pesantemente in primo luogo sul personale penitenziario sul quale si scontano due fenomeni: sono alcune decine gli agenti che dopo pochi mesi di assunzione in Sicilia hanno abbandonato il servizio, non si riescono a coprire i nuovi posti messi a concorso per mancanza di candidati disponibili. A tutto ciò si aggiunga il forte aumento – del 120% annuo – delle malattie professionali e di conseguenza delle assenze per malattia per effetto delle aggressioni e violenze subite e delle pesanti condizioni di lavoro degli agenti”. A luglio Di Giacomo aveva scritto una lettera alla premier Meloni sottolineando che “non c’è bisogno della ‘palla di cristallo’ per prevedere che la situazione, già di grande emergenza, è destinata a diventare ancora più pesante in questa ‘caldissima’ estate. È evidente che il recente decreto carcere approvato dal Consiglio dei Ministri si è risolto in un fallimento. Abbiamo bisogno di un segnale immediato”.
. “Gentile Presidente, il carcere è un inferno. Solo in questo fine settimana – scriveva Di Giacomo alla premier Meloni – un altro suicidio (sono 61 dall’inizio dell’anno, a cui si aggiungono 6 agenti penitenziari), un omicidio, l’evasione di tre giovani detenuti dall’Istituto per Minori di Roma, due rivolte, 19 agenti aggrediti (sono circa 2000 gli agenti aggrediti e costretti a cure sanitarie dall’inizio dell’anno), tre risse tra detenuti e clan di detenuti, ritrovamento di droga e cellulari”.
E chiedeva a Giorgia Meloni “cosa c’è più da aspettare per un intervento straordinario ed efficace di emergenza?”. Il tema, come si legge nella lettera aperta, è quello della situazione esplosiva delle carceri italiane. “Ci sentiamo abbandonati al nostro destino di servitori dello Stato che, purtroppo, da troppo tempo ha ammainato bandiera bianca. Non abbiamo più alcuna speranza. Anzi temiamo fortemente che tra rivolte, aggressioni e tentativi di fuga, in uno scenario apocalittico, tra il personale penitenziario ci possa scappare il morto. Da mesi avevamo lanciato l’allarme ed è avvenuto tutto quanto avevamo previsto”. E conclude “non siamo pronti a fronteggiare l’estate e siamo stanchi di pagare il pezzo più alto con il rischio di incolumità personale di responsabilità che non ci appartengono”.
Intanto Italia Viva questa mattina ha visitato il carcere Pietro Cerulli di Trapani, lo stesso in cui scorsi si sono verificati i casi di tortura che hanno portato nei giorni scorsi all’arresto di 11 agenti della Polizia penitenziaria. Lo dice Davide Faraone, capogruppo di Iv alla Camera: “è doveroso che si faccia piena luce su quanto accaduto – afferma – e si chiariscano le responsabilità rispetto a una condotta gravissima. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non criminalizzare l’intero corpo della polizia penitenziaria. La visita di oggi ci ha fatto anzi constatare le condizioni di estrema difficoltà a cui devono far fronte gli agenti di Trapani. Gli organici sono sguarniti del 30% rispetto alle necessità e tale carenza è aggravata dalla presenza di molti detenuti psichiatrici”.
“L’assistenza medico-sanitaria – prosegue – è ridotta a livelli minimi, le strutture bisognose di interventi seri. La situazione è critica per gli stessi detenuti, costretti a trascorrere le giornate in celle stracolme, con attività ridotte al minimo dalla mancanza di personale. Insomma, al Cerulli il sogno di Delmastro di togliere il respiro ai detenuti è pienamente realizzato. Il problema è che con il governo Meloni tanti mafiosi possono respirare benissimo perché, a dispetto delle sparate di Delmastro, non si è fatto nulla per evitare che escano di prigione”, ha concluso Faraone. Dalla Sicilia alla Puglia, la situazione è critica. Numero elevato di suicidi,
sovraffollamento, mancanza di personale, condizioni sanitarie inadeguate. Questa la situazione delle carceri italiane denunciata oggi, in un comunicato, dalla Camera penale di Bari ‘Achille Lombardo Pijola’.
“Una pena che tenda alla rieducazione, al trattamento ‘individualizzato’, alla progressività ‘in meglio’ del trattamento penitenziario, sembrano ormai miraggi difficilmente raggiungibili”, si legge nel comunicato.
“La realtà quotidiana delle nostre carceri – scrive ancora la Camera penale – è diversa: violenze, spazi ristretti, aree trattamentali inadeguate, come abbiamo purtroppo più volte constatato e denunciato nella casa circondariale di Bari”. Per i penalisti baresi, anche alla luce delle “raccapriccianti immagini” delle violenze sui detenuti nel carcere di Trapani recentemente diffuse, le carceri italiane sono oggi “strutture incapaci di gestire un numero così alto di detenuti se non calpestandone la dignità e deludendo le legittime aspettative ad un trattamento penitenziario ‘rieducativo’, come previsto dalla Costituzione e dalle leggi sull’ordinamento penitenziario”.
Una incapacità che produce “violenza, suicidi, negazione dei diritti fondamentali della persona”. “La nostra società, ispirata ai valori della libertà e del rispetto della persona, seppure detenuta, non può più tollerare tale insostenibile situazione”. I penalisti baresi prendono atto “di ciò” e chiedono quindi “che ne prenda atto la politica”. Da Nord a Sud stesso copione. Proprio oggi dopo una requisitoria durata quattro ore, la pm Maria Rita Pantani ha richiesto condanne per i dieci agenti di polizia penitenziaria accusati del pestaggio di un detenuto nel carcere di Reggio Emilia il 3 aprile 2023. Diverse le richieste di pena: cinque anni e otto mesi per un agente accusato di tortura, lesioni e falso; cinque anni per sette agenti accusati di tortura e lesioni; e due anni e otto mesi per due imputati accusati esclusivamente di falso.