In Italia, acquistare una casa richiede in media 6,5 annualità di stipendio, con picchi a Milano e prezzi più bassi a Palermo e Genova. Ecco i dati 2024 e il fenomeno della gentrificazione.
Casa dolce casa, quanto mi costi! L’Italia è uno dei Paesi al mondo con più proprietari di case. Secondo l’Istat, infatti, il 70,8% degli italiani possiede l’immobile in cui vive, mentre il 28% delle famiglie ha anche altre case. Gli “over 50” rappresentano oltre il 40% dei 25 milioni di proprietari in Italia. Tra pandemia e insicurezza globale, il valore sociale dell’abitazione è cresciuto. Per gli italiani possedere una casa ha sempre simboleggiato andare oltre il mero possesso dell’immobile. E’ considerata un rifugio affettivo, un luogo particolare dove ci si sente a… casa propria! Ebbene, oggi acquistarne una è un terno al lotto, soprattutto nelle grandi città.
L’ultima relazione a cura dell’Ufficio Studi Tecnocasa, uno dei più grandi gruppi italiani di intermediazione immobiliare, ci ha informato che l’acquisto di una casa in città, nei primi 6 mesi del 2024, in media, equivale a 6,5 annualità di stipendio. L’agognata meta si fa sempre più difficile da raggiungere, al punto da diventare un miraggio. E’ chiaro che si tratta di una cifra media, che, però, varia a seconda delle città. Milano risulta la più costosa e per comprare casa le annualità di stipendio passano a 12,5 annualità, a causa del costo medio al metro quadrato, pari a 4285 euro. Considerando città come Milano, Roma. Firenze, Bologna e Napoli le annualità di stipendio necessarie per l’acquisto oscillano tra 7 e 12,5. Poi, ci sono città più a buon mercato, come Genova e Palermo, in cui bastano solo 3,3 annualità di stipendio, visto che il prezzo al metro quadrato è, rispettivamente, di 1127 e 1143 euro. Milano, dunque, è la città più costosa, forse a causa della crescente domanda di riqualificazione riguardante molti quartieri, dal centro alle periferie, che hanno provocato una lievitazione dei prezzi. Questo fenomeno è stato studiato dagli scienziati sociali, definendolo con la locuzione di “gentrificazione”. Si tratta della riqualificazione e rinnovamento di zone o quartieri cittadini, con conseguente aumento del prezzo degli affitti e degli immobili e migrazione degli abitanti originari verso altre zone urbane, periferiche e con servizi carenti.
Il fenomeno, ovviamente, determina la contrazione del mercato abitativo privato a basso costo, con diminuzione delle possibilità di accesso da parte delle fasce di reddito più svantaggiate. Gli entusiasti ritengono, al contrario, che la gentrificazione permette un risanamento di zone in passato ritenute pericolose o degradate. Le infrastrutture cambiano, i servizi aumentano, il tasso di criminalità diminuisce. Le città diventano più sicure, la qualità di vita aumenta. Tuttavia, non si tiene conto che la cultura e l’anima di una comunità vengono, praticamente, espropriate senza scrupoli. Le previsioni, con l’inflazione galoppante sono abbastanza fosche. Al nord c’è una richiesta continua di case da parte di professionisti, ma coi prezzi così esosi, anche con stipendi medio-alti, si fa molta fatica. Per questo si ricorre a mutui anche pluridecennali, che è un’altra peculiarità degli italiani: fanno i salti mortali anche con prestiti che durano una vita lavorativa pur di arrivare all’agognata meta: possedere una casa!
Il Sud, dove i prezzi sono più bassi, potrebbe diventare un luogo ambito, però i servizi di qualità più bassa rispetto al resto del Paese e un mercato del lavoro ridotto allo stremo, rendono l’ipotesi poco plausibile. Soprattutto, latita una politica abitativa per i giovani con agevolazioni fiscali che potrebbero permettere, ad esempio, di mettere su famiglia e fare figli, vista la denatalità imperante nel nostro Paese! Altrimenti, la casa si trasformerà da sogno a chimera!