Continuano i ritrovamenti della polizia penitenziaria da Nord a Sud: nel 2023 sono stati scoperti e requisiti 3606 smartphone.
Roma – Il ritrovamento di telefonini e droga dietro le sbarre è sempre più frequente. Si moltiplicano, da un capo all’altro d’Italia, i casi di cellulari e stupefacenti nelle celle. L’ultima scoperta nel carcere di Siracusa, dove la Polizia penitenziaria ha sequestrato ben 36 telefonini e oltre un chilo di droga. Il ritrovamento è avvenuto nel corso di una ispezione di un pacco postale destinato a un detenuto italiano: dentro c’erano 22 telefoni cellulari, quasi un chilo di hashish e 2,5 grammi di cocaina, nascosti in un doppio strato dello scatolo. I restanti 14 telefonini sono stati rinvenuti dalla Polizia penitenziaria nella sezione alta sicurezza. Sono in corso accertamenti, coordinati dai magistrati della Procura di Siracusa, per verificare l’esistenza di una possibile organizzazione criminale dietro questo traffico.
Un “market” davvero fiorente: lo scenario nazionale è spaventoso. Nel 2023 fonti Dap hanno svelato che sono stati sequestrati in totale 3606 telefonini nei penitenziari da Nord a Sud. E a Siracusa 36 cellulari in un solo colpo danno la misura del fenomeno. Il Sippe, sindacato di Polizia penitenziaria, torna a chiedere “immediati interventi perché la carenza del personale è diventata oramai cronica e pericolosa per la sicurezza degli istituti penitenziari”. Inoltre, “da tempo invochiamo provvedimenti seri e una riforma totale della Polizia Penitenziaria ma ancora nessuno ha avuto il coraggio di fare e di agire”, spiegano dal Sippe. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove, a margine del convegno di Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria a Napoli, parla della questione.
Per quanto riguarda il contrasto all’introduzione nelle carceri di cellulari e droga “ci stiamo sempre più attrezzando“, dice, sottolineando: “Stiamo verificando tecnologie per schermare gli istituti penitenziari perché non riteniamo più tollerabile che qualcuno utilizzi gli strumenti, come i cellulari, da una parte
per comunicare con l’esterno qualora abbia divieti di comunicazione e dall’altra per lanciare video su tik tok che sfidano l’autorità dello Stato, sfidano il lavoro quotidiano della Polizia Penitenziaria, ulcerano il senso di giustizia degli italiani e, a volte, negli istituti minorili, ripropongono logiche e grammatiche camorriste che non possiamo tollerare”.
Ma l’emergenza cellulari e droga dietro le sbarre è nazionale e attraversa l’intero sistema penitenziario italiano. Il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri ha sottolineato che in 19 penitenziari, grazie all’ingresso dei cellulari “i boss hanno continuato a minacciare e a impartire ordini all’esterno. E così riescono a eludere la detenzione”. E in ogni carcere “si annidano una media di 100 telefonini, entrano tramite droni ipertecnologici insieme a droga e armi. Con quei cellulari – ricorda Gratteri, “i boss continuano a impartire ordini all’esterno, a minacciare, ad eludere la detenzione. A Gratteri non sfugge neppure il tariffario delle vendite dietro le sbarre. Le mafie lucrano anche su questo traffico, con tanto di prezzi: 1.000 euro “per introdurre uno smartphone, 250 euro una sim”.
Donato Capece, segretario generale del Sappe chiede da mesi al Dap la richiesta di “interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica di ultima generazione per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o ogni altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani”.