Altro che “pezzo di carta”: ecco il “vero” valore della laurea sul mercato del lavoro italiano

La laurea è ancora un passaporto per il lavoro: il report Istat conferma il suo valore per l’occupazione. Ecco perché il titolo accademico resta una risorsa cruciale.

Altro che “pezzo di carta”, la laurea serve, eccome! La laurea continua ad essere un fattore vincente sul mercato del lavoro. Quello che per un certo periodo è stato considerato un mero “pezzo di carta” è, in realtà, un ambito titolo di studio universitario rilasciato da un istituto d’istruzione superiore, l’università appunto, dopo aver completato un ciclo di studi. L’etimo deriva dal latino laurea, cinto d’alloro. Spesso preceduto da corona, quindi la corona d’alloro, il lauro imperiale o poetico. Ecco perché nei centri delle nostre città è facile imbattersi in comitive fragorose con una persona che indossa una corona d’allora: ha raggiunto l’obiettivo dell’agognata laurea!

La laurea ha un cospicuo valore sul mercato del lavoro.

In un report dell’Istat sui “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali”, è emerso che la laurea ha un cospicuo valore sul mercato del lavoro. Nella fascia d’età 25-64 anni il tasso di occupazione è più elevato tra i laureati rispetto ai diplomati, rispettivamente l’84,3% e 73,3%. Malgrado questi dati statistici, i laureati italiani non hanno vita facile, in quando le loro carriere, spesso, sono ondivaghe. E’ vero che sono avvantaggiati rispetto ai diplomati, ma il mercato del lavoro rispetto alla media europea ha un tasso di accoglimento inferiore, 84,3% e 87,6% rispettivamente. Un modo per svalorizzarne le competenze e le potenzialità. Un altro aspetto, quasi strutturale, è il numero di laureati inferiore all’Europa, 21,6% e 35,1%. Il rapporto conferma ciò che è emerso già altre ricerche socioeconomiche, ossia la forte disparità di genere nel mercato del lavoro nostrano. Eppure le donne sono, dal punto di vista statistico, più istruite degli uomini (si laureano prima e con voti migliori), ma nonostante questi “arnesi”, la loro occupazione è del 59%, inferiore a quella maschile, al 79,3%. I dati confermano la carenza di percorsi orientati alla promozione della parità di genere, a mettere in risalto le competenze e le potenzialità delle laureate.

laurea
La carriera universitaria è un’esperienza che trasforma e forma lo studente

I dati, indubbiamente, offrono una fotografia completa della realtà contingente, però non rendono appieno il significato del valore insito dell’istruzione. La carriera universitaria non è solo uno strumento da utilizzare per il lavoro e il successo, ma un’esperienza che trasforma e forma lo studente, affinché possa avere tra le mani “utensili” adeguati per sostenere le ardue sfide di un mondo in mutamento continuo, Intelligenza Artificiale e nanorobot, tanto per citarne alcune. Ma tutto questo non deve mettere in secondo piano che la la laurea, intesa come titolo di studio maggiore, serve per la crescita soggettiva, del pensiero critico e della capacità di adeguarsi allo status quo. Però il nostro Paese, inteso come opinione pubblica (società civile e politica) sembra incapace, o non vuole, di dare il giusto riconoscimento a quello che è un vero e proprio valore aggiunto. Queste considerazioni, come summenzionato, sono suffragate dai fatti, nudi e crudi: la disparità con l’Europa, in termini di percentuale, di laureati; le basse possibilità occupazionali per giovani con alte qualifiche e competenze, che spesso sono costretti ad emigrare.

Ed ecco la parola magica, buona per tutte le occasioni: per un cambio di rotta è necessario un cambiamento culturale, la panacea per tutti i mali, per la valorizzazione dell’istruzione come investimento a favore della società. In realtà, ogni qualvolta viene utilizzata questa frase, non si sa bene dove si va a parare. Dice tutto e il suo contrario, fa “figo” affermarla ed effetto in chi ascolta. Così è… se vi pare!                                

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