I resti della nobildonna e della sua segretaria, scomparse da Sarnano il 30 novembre 1980, furono ritrovati il 27 gennaio dell’82. Si parlò di Gelli, Calvi e della banda della Magliana, ma la verità potrebbe essere nascosta più vicino.
SARNANO (Macerata) – Una decina di persone sarebbero state ascoltate in relazione a un duplice omicidio di ben 44 anni fa. Le due vittime, l’ex ballerina e poi baronessa inglese Jeannette May Rothschild, di 44 anni, già moglie del banchiere Evelyn Rothschild, e la sua segretaria italiana di origini friulane, Gabriella Guerin, di 39 anni, furono ritrovate cadaveri in un fitto bosco del Comune di Fiastra, a circa 30 chilometri dal luogo della sparizione. La vicenda è rimasta negli anni avvolta nel mistero per via di strane situazioni e coincidenze insolite.
Il 25 novembre 1980, la nobildonna e la sua interprete si incontrarono a Sarnano, dove la baronessa doveva concludere le trattative per l’acquisto di una casa colonica. Quattro giorni dopo, poco prima delle 13, il geometra Nazzareno Venanzi, incaricato di eseguire i lavori di restauro dell’immobile in contrada Schito, vide le due donne, che gli riferirono il desiderio di fare un’escursione in montagna, nei paraggi del Sassotetto, massiccio del Gran Sasso. Alle 14:30 le due donne avrebbero dovuto incontrare il vecchio proprietario del casale, ma non si presentarono mai a quell’appuntamento.
Il 30 novembre, il geometra Venanzi, saputo che le due donne non erano rientrate nell’hotel Ai Pini dove alloggiavano, diede l’allarme alla stazione dei carabinieri di Sarnano. I militari iniziarono subito le ricerche nonostante una forte tempesta di neve in zona. Sulla scorta di alcuni avvistamenti e di testimoni oculari, che riferirono di aver visto le due donne in zone diverse del circondario pedemontano, oltre 500 uomini tra carabinieri e volontari setacciarono la zona senza tuttavia trovare traccia delle due scomparse.
Il 18 dicembre, in località Acquacanina, frazione di Fiastra, un elicottero dell’Arma localizzò la Peugeot 105 di proprietà della nobildonna, chiusa dall’esterno e con alcuni effetti personali della donna riposti nell’abitacolo. A qualche chilometro di distanza, sotto le cime del Gran Sasso, nel rifugio Casa Galoppa (oggi Rifugio Ricotta), furono rinvenuti piatti con avanzi di cibo, posate sporche e tracce di mobili bruciati.
Il 27 gennaio 1982, dopo 14 mesi dalla scomparsa, due cacciatori di cinghiali scoprirono i resti ossei delle donne nella parte esterna del cimitero del borgo di Podalla, frazione di Fiastra, sempre nel Maceratese. I reperti biologici furono esaminati dal professor Mario Graev, che in sede autoptica identificò i due cadaveri. Va detto che il luogo del ritrovamento era stato passato al setaccio precedentemente e che la macabra scoperta avvenne a circa un paio di mesi dalla pubblicazione della taglia di 100 milioni, messa a disposizione dal secondo marito della baronessa Rothschild, il ricco imprenditore e avvocato Stephen May.
Le indagini seguirono diverse piste. La prima riguardava la casa d’aste Christie’s, sede di Roma, dove avvenne un clamoroso furto di gioielli nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre 1980. Seguivano due indizi: due telegrammi, uno inviato il 3 dicembre al direttore della casa d’aste, e il secondo inviato alla baronessa il 6 dello stesso mese. Che cosa c’entrava la nobildonna, appassionata di arredamento e di antiquariato oltre che titolare di uno studio di design, con la rapina? Fra i suoi amici e clienti figuravano personaggi in contatto con Roberto Calvi e Licio Gelli, rispettivamente il banchiere morto impiccato a Londra il 18 giugno 1982 e il capo della P2.
Nel 1989, il magistrato Alessandro Iacoboni, poi presidente del tribunale di Macerata e scomparso nel 2019, archiviò l’indagine. “La prova dell’assassinio non esiste – scrisse l’allora togato inquirente – ma è altrettanto certo che è ben lontana dall’essere raggiunta la prova sicura o soltanto probabile della morte bianca”.
Da tempo i carabinieri di Macerata e il reparto Crimini violenti del Ros di Roma, coordinati dalla Procura di Macerata, hanno riaperto il fascicolo, che contiene informazioni frammentarie, incongruenze e buchi neri. “Abbiamo pensato che questo poteva essere l’ultimo momento per cercare di arrivare alla verità – ha dichiarato il procuratore capo Fabrizio Narbone – alla ricostruzione di quei fatti rimasti sospesi. Il momento è delicato. Stiamo lavorando, sperando di ottenere un risultato”.
Per gli inquirenti, la verità potrebbe essere nascosta a Sarnano. I due cacciatori che trovarono i corpi delle donne sono stati ascoltati, insieme ad altre persone che potrebbero avere un legame con il delitto.
“Qui questa storia è ancora molto sentita – ha detto il sindaco Fabio Fantegrossi – C’è un alone di mistero: c’è chi parla anche della banda della Magliana, chi ricorda di averle viste il giorno della scomparsa, e chi ipotizza che la baronessa avesse un amante qui. Ma siamo quasi nella leggenda; i racconti si tramandano ed è difficile capire cosa sia vero. Speriamo che questa sia la volta buona per scoprire la verità…”.