Il sogno della Ferrari: per il 71,32% dei lavoratori è l’azienda ideale per solidità

Lo dice la “Randstad employer brand research” una ricerca sulle preferenze dei dipendenti e delle tendenze del mercato del lavoro.

Roma – La Ferrari è il sogno lavorativo degli italiani! Sarà per il fascino che continua a trasmettere, per essere l’auto più iconica e vincente della Formula 1, malgrado non riesca a vincere il mondiale piloti da ben 17 anni. Eppure, fa parte di quello che è l’immaginario collettivo nazionale. Ma ancora più strabiliante è che essa è in cima ai sogni lavorativi degli italiani. E’ quanto emerso dall’edizione di quest’anno della “Randstad employer brand research” una ricerca sulle preferenze dei lavoratori e delle tendenze del mercato del lavoro. Uno studio rappresentativo dell’Employer Branding basato sulle percezioni del pubblico generale. L’espressione è diventata di uso corrente dagli anni ’90 del secolo scorso, per riferirsi alla reputazione che un’azienda si costruisce come datore di lavoro. Per il 71,32% dei lavoratori italiani, la Ferrari è l’azienda ideale per la solidità finanziaria, la reputazione e la sicurezza del lavoro. Inoltre per l’efficace welfare aziendale e le retribuzioni.

Secondo gli autori dello studio oggi il lavoratore non mira solo ad uno stipendio solido, che pure ha la sua valenza, ma, soprattutto, a benessere e conciliazione con la vita privata. Quest’ultimo aspetto è emerso in molte ricerche socio-economiche, a confermare il cambiamento delle aspettative. Infatti, al primo posto c’è l’equilibrio tra lavoro e vita personale, poi l’atmosfera lavoratica e al terzo posto stipendi e benefit. Ed ancora, sicurezza del lavoro e possibilità di crescita professionale. I settori più ambiti sono l’automotive, l’industria aeronautica, farmaceutica, elettronica, spedizioni e ICT (Information and Communication Technology). Nonostante i lavoratori hanno dichiarato di mettere, in una ipotetica scala di preferenze, al primo posto la conciliazione tra lavoro e famiglia, la molla che spinge a cambiare lavoro è la “vil pecunia”, altroché! I dati parlano chiaro: quasi un terzo degli intervistati o ha cambiato lavoro o sta per farlo.

A desiderare un cambiamento sono la Generazione Z, i nati tra i medio-tardi anni ‘90 del del XX secolo e i primi anni dieci del nuovo millennio e i Millennials, i nati tra l’inizio degli anni ottanta e la metà degli anni novanta del secolo scorso. E’ emerso che il motivo fondamentale, innanzitutto per le donne, per cui si cambia lavoro è lo stipendio. A dimostrazione che quando lo stomaco bussa, non c’è conciliazione che conta. A seguire, il miglioramento tra vita professionale e privata e, infine, assenza di possibilità di carriera. Tra i giovani è più evidente il cambio di paradigma culturale, tant’è che la spinta a cambiare lavoro è l’equilibro tra il lavoro e la vita affettiva. Mentre per i meno giovani, a dominare è l’equità. Si tratta di un tema molto avvertito dagli intervistati. Un quinto di loro, infatti, si sente vicino ad una minoranza di genere, religione, disabilità, etnia o orientamento sessuale.

Tuttavia, i datori di lavoro, secondo gli intervistati, sembrano prendere poco in considerazione il tema, garantendo solo al 49% un’equo stipendio a tutti per lo stesso lavoro. Il 47% premia le competenze e le esperienze. Il 39% valuta con correttezza le assunzioni o la crescita verticale della professione, mentre il 38% premia le più allettanti opportunità considerando il merito. I lavoratori per l’80% hanno lamentato la scarsa offerta formativa delle aziende, non adatte alle loro esigenze e crescita. Sono dati che testimoniano il cambiamento della scala di valori dei lavoratori. E’ importante che il management ne sia consapevole, per attuare modelli organizzativi adeguati. A vantaggio del lavoratore, dell’impresa e della collettività!

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