Migranti: l’appello delle associazioni “Serve Tribunale sugli abusi”

Intanto il Consiglio dei ministri ha prorogato lo stato di emergenza per altri sei mesi per l’incremento dei flussi nel territorio nazionale.

Roma – Il Consiglio dei ministri ha prorogato lo stato di emergenza per i migranti. Lo ha reso noto Palazzo Chigi sottolineando che il Cdm, su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, ha deliberato la proroga, di “ulteriori sei mesi, dello stato di emergenza già deliberato in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo”. E mentre si prorogava lo stato di emergenza sui migranti, c’è stato un panel nella prima giornata del Festival Sabir, in corso alla Città dell’altra Economia, a Roma, dove è stato lanciato un appello a focalizzare una sessione del Tribunale permanente dei popoli (Tpp) da tenere in Italia entro il 2025, che possa far luce sulle violazioni a cui da anni migliaia di persone in movimento sono esposte su ambo le sponde del Mediterraneo.

Non solo naufragi, ma anche detenzioni arbitrarie, fogli di via, rimpatri, respingimenti, violenze verbali, fisiche, sessuali. Un fenomeno che riguarda chi fugge da guerre, persecuzioni e fame. Contro l’impunità di cui godono i paesi nordafricani e dell’Unione europea, legati da accordi da milioni di euro per bloccare le partenze, la società civile lancia l’appello a tenere una sessione specifica in seno al Tribunale permanente dei popoli, esperienza giuridica ideata tra gli anni Sessanta e Settanta per giudicare i crimini commessi nella guerra del Vietnam e durante le dittature dell’America latina. I principi guida sono verità e giustizia. Non essendo un organo della magistratura, non emette sentenze vincolanti. Ma negli anni ha giocato un grande ruolo nel far emergere casi di violazioni umane ma anche ecologiche ed economiche su larga scala, raccogliendo testimonianze e individuando i responsabili, e promuovendo documentazione e ricerca per la formulazione di proposte sulla effettiva implementazione delle sentenze.

“Nei paesi del Maghreb le violenze contro i migranti sono oggi la principale preoccupazione delle associazioni per i diritti umani” ha detto Alaa Talbi, del Tunisian Forum for Economic and Social Rights (FTDES). Il suo paese, continua Talbi, “applica l’esternalizzazione delle frontiere tramite accordi con l’Ue e
l’Italia”. Oggi la guardia costiera, finanziata anche dall’Italia, “intercetta l’80% dei migranti che partono via
mare”.
Studi del Forum tunisino informano che in Tunisia il 77% dei migranti intervistati afferma di aver subito una o più forme di violenza; quella verbale interessa il 67%, quella fisica il 56,7%. Solo il 5% ha presentato una denuncia mentre il 40% dichiara di non volerlo fare a causa del proprio status amministrativo, mentre il 90% vive nella paura di finire agli arresti.

In Marocco le cose non vanno meglio: dagli assalti a Ceuta e Melilla – enclave spagnole in territorio marocchino, dove i migranti si ammassano cercando di entrare e sfidando recinzioni altissime e la polizia di entrambi i paesi – a quelli che tentano la rotta mediterranea verso l’Europa, o che semplicemente arrivano da ogni parte dell’Africa per lavorare: “Tutti loro si vedono disconosciuti i diritti dei cittadini marocchini” avverte Kamal Lahbib, del Forum des alternatives Maroc (FMAS), che cita anche il tema “dell’identità negata ai morti in mare, alle frontiere o nel deserto”, uccisi sia da incidenti durante il viaggio ma anche per “le violenze della polizia marocchina o spagnola”. Infine, l’Egitto: “È uno dei partner più importanti per l’Ue”
ricorda Nour Khalil, attivista della Refugees Platform in Egypt (RPE). “Oggi è circondato dalle peggiori guerre e quindi crisi umanitarie: Sudan e Gaza”.

La Piattaforma ha analizzato la condizione dei profughi da questi due paesi: “Chi arriva da Gaza- spiega- deve pagare dai 7mila dollari in su, ma ha il permesso di soggiorno solo per 45 giorni”. I rifugiati che arrivano invece dal Sudan “rischiano l’arresto”. Migliaia quelli già incarcerati, tra cui anche “donne, bambini, anziani, feriti” e questo chiaramente “viola il diritto internazionale” avverte Khalil. Fausto Melluso di Arci evidenzia invece come, nonostante queste denunce, “i governi europei e la stessa Ue continuino a ritenere paesi come Egitto e Tunisia sicuri per i migranti da rimpatriare” o con cui stringere accordi, come quello con la guardia costiera libica stretto dall’Italia, per “trattenere le partenze”. Antonio Manganella di Avocats Sans Frontières evidenzia: “La lotta per i diritti dei migranti riguarda anche i diritti nei nostri stessi paesi europei”. Dietro al tema migratorio ci sono poi “interessi economici”, come quelli energetici, “che legano tutti. Non è un caso che spesso si senta dire che la politica estera italiana la definisce Eni”, conclude.

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