Il ministro parla dell’abbandono scolastico dei giovani, rifugiati in un mondo virtuale fatto di cellulari. Isolati nelle proprie stanze.
Roma – Un fenomeno nato in Giappone, che si sta espandendo in Europa ed è giunto fino in Italia. Tra i nostri studenti. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara lancia l’allarme dei giovani isolati nella loro stanza in un mondo virtuale fatto di cellulare e social media. “Abbiamo calcolato 50mila ragazzi che non
vanno più a scuola per stare attaccati ai telefonini: si rinchiudono per almeno 6 mesi nella loro stanza, dipendenti totalmente da questi strumenti virtuali. I dati sono drammatici”. Valditara a ‘Porta a Porta’ su Rai 1 racconta le radici di un fenomeno nato nel Paese del Sol Levate che si è diramato a macchia d’olio, i cosiddetti Hikikomori. Termine che significa “stare in disparte”. Il fenomeno, purtroppo in crescita, colpisce principalmente i giovani, con una prevalenza maschile (70-90%).
Ne aveva già parlato a luglio, quando aveva ricordato i dati dell’ultimo rapporto Ocse sulle conseguenze molto serie che hanno l’abuso del cellulare e dei social media per quanto riguarda l’attenzione e il rendimento scolastico; uno studio Unesco – aveva sottolineato Valditara – offre dati drammatici sulla carenza di attenzione, sulla l’incidenza negativa dell’abuso del cellulare sulla fantasia e la creatività; tutti gli studi testimoniano come stati d’ansia depressivi, di isolamento sociale, siano sempre più legati alla dipendenza dai cellulari. Sepolti in casa nel loro spazio che diventa vitale.
Il 45% dei ragazzi riferisce di essere stato vittima di cyberbullismo; 1 milione e 300 mila ragazzi ha giocato d’azzardo nel corso del 2023. Ecco perché, sostiene Valditara, “la scuola deve ridare entusiasmo ai giovani, ridare la voglia di credere in se stessi, ricreare un percorso di vita a tanti giovani che si chiedono: ‘quale sarà il mio futuro?’ La scuola deve rimettere al centro la persona, orientare molti ragazzi che vivono nella nebbia e si chiedono: ‘dove andrò? Quale scelta farò?”. Il ministro dell’Istruzione afferma che serve “una nuova didattica: ho visto che quando c’è una didattica attrattiva, coinvolgente, partecipativa, quando i ragazzi trovano la scuola giusta, si entusiasmano e abbandonano lo stato pre-depressivo”.
Nel salotto di Bruno Vespa il ministro torna su una questione che gli sta molto a cuore e che chiama in causa il mondo della scuola e soprattutto le famiglie. E in tutto questo i genitori dove sono? “Non sanno cosa fare”, risponde il ministro facendo notare che “è difficilissimo vincere questa dipendenza e quindi noi dobbiamo fare una grande campagna di convincimento, perché non si dia in mano a dei minori e bambini questo strumento di distruzione di massa. Il cellulare dato a bambini di 7-8 anni ha effetti veramente tremendi. Partiamo dalle scuole con una educazione forte: dobbiamo ricostruire l’alleanza tra genitori, ragazzi e scuola”, conclude Valditara.
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato i risultati di una ricerca preoccupante sulla “generazione Z”, i ragazzi nati tra il 1997 e il 2012. Lo studio, che si concentra sulla fascia d’età 11-17 anni, identifica circa 66.000 hikikomori, ossia ragazzi che si ritirano dalla vita sociale per lunghi periodi, rinchiudendosi nella propria abitazione. Questo dato sembra essere sovrapponibile con quello del CNR, che ha stimato circa 54 mila casi nella fascia tra i 15 e i 19 anni. Lo studio dell’ISS svela quanti di questi giovani studenti si sono “tendenzialmente” isolati nei 6 mesi precedenti allo studio, al netto della frequenza scolastica. Per stabilirlo ha utilizzato un questionario ad hoc per l’hikikomori.
E ci sono molti studiosi del fenomeno. Come Marco Crepaldi, psicologo sociale, fondatore del progetto Hikikomori Italia nel 2013 e co-fondatore delle associazioni Hikikomori Italia e Hikikomori Italia Genitori. Autore del saggio “Hikikomori. I giovani che non escono di casa”, si occupa principalmente della sensibilizzazione, della formazione, della ricerca e del rapporto con i media. Nel libro Crepaldi si concentra sul fenomeno che riguarda soprattutto giovani maschi, fragili a livello relazionale e ipercritici nei confronti di una società nella quale arrivano a non riconoscersi più come parte integrante. In Giappone tale fenomeno ha assunto dimensioni allarmanti, con oltre 500.000 casi accertati, ma i numeri sembrano essere in crescita in molte nazioni economicamente sviluppate, tra cui l’Italia, dove si stima ci siano centinaia di migliaia di casi.