Tassare i super ricchi? Anche da G20 e G7 arrivano soltanto promesse

Negli ultimi 40 anni i Paperoni mondiali hanno versato al Fisco lo 0,5% della propria ricchezza. E mentre i loro patrimoni aumentavano, le aliquote diminuivano…

Super ricchi e tasse, un rapporto inversamente proporzionale! Dal 22 al 26 luglio scorsi i Ministri delle Finanze, i Governatori delle Banche Centrali del G20 e G7 si sono riuniti in Brasile, sotto la Presidenza brasiliana del G20 e quella italiana del G7. L’incontro si è chiuso con una dichiarazione d’intenti verso l’imposizione di tasse sui patrimoni dei super ricchi.

E’ un argomento che sta molto a cuore ad Oxfam, confederazione internazionale di organizzazioni non profit dedite alla riduzione della povertà globale con aiuti umanitari e progetti di sviluppo, che da anni sta lottando per tassare i patrimoni dei super ricchi. Nell’ultimo decennio l’1% più ricco del pianeta si è arricchito 34 volte in più rispetto al 50% della popolazione più povera. In soldoni, si parla di 42 mila miliardi di dollari, equivalenti a 36 mila miliardi di euro.

Tassare i super ricchi resta un tabù. Dai summit internazionali arrivano soltanto parole

Nonostante questa tale ricchezza, le tasse sembrano loro indigeste. E’ stato calcolato che nel periodo in esame una persona appartenente all’1% ha registrato un guadagno ulteriore di 400 mila dollari in più rispetto ai beni che già possedeva. Mentre una persona appartenente al restante 99% della popolazione ha percepito appena 335 dollari, pari a 9 centesimi al giorno. Essendo vigente l’economia di mercato, è quasi normale che una persona possa guadagnare più di un’altra, in quanto capace di mettere a frutto la sua intelligenza e le sue doti.

Fino a quando si sta nell’ambito del lecito, perché redditi maggiori ottenuti con raggiri e truffe, hanno il sapore più di ladrocinio che di capacità imprenditoriali. L’imposizione fiscale è nata proprio per correggere i dislivelli sociali, cercando di ridistribuire le risorse per investirle nei servizi pubblici essenziali. Ma, purtroppo, l’obbiettivo è ancora in là da raggiungere.

Secondo stime attendibili, nell’ultimo quarantennio, i super ricchi hanno versato all’erario appena lo 0,5% del valore della propria ricchezza, una cifra risibile. I loro patrimoni crescevano nominalmente del 7,5% lordo annuo. Nei Paesi del G20, l’ 1% più ricco ha visto crescere il proprio reddito del 45%. Mentre i soldi aumentavano, l’aliquota massima dell’imposta sui redditi diminuiva di quasi 1/3, mostrando una sorta di… idiosincrasia alle cifre elevate!

L’incontro si è concluso con la dichiarazione finale sulla cooperazione fiscale tra le economie del G20, in cui è stato scritto testualmente: “Nel pieno rispetto della sovranità in materia fiscale, cercheremo di impegnarci in modo collaborativo per assicurare che gli individui con patrimoni molto elevati siano tassati in modo efficace”.

L’aumento delle disuguaglianze mette a rischio la stabilità democratica dei Paesi

Sembrano le promesse che si facevano da bambini, quando si prometteva ai genitori di essere più buoni e di non commettere più marachelle. Molti hanno esultato, senza rendersi conto che, come si dice in questi casi, la montagna ha partorito un topolino. Tante attese per un risultato inferiore alle attese. Anche perché secondo gli analisti di Oxfam, con la conferma dello status quo, risulta scarso il finanziamento dei ricchi alle politiche pubbliche. Una condizione che inasprisce le disuguaglianze, frantuma la coesione sociale e mette a rischio la stabilita democratica dei Paesi. Si spera che durante il prossimo G20 a novembre, più che dichiarazioni d’intenti, possano essere presi impegni seri, nero su bianco, su questo versante. Anche se, quando si ha a che fare coi ricchi “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”, come recita il vangelo!

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