Il tasso di povertà è in crescita, ma la politica nei fatti sembra non accorgersene

Al di là dei proclami, le misure di sostegno sono scarse. E lo squilibrio tra ricchi e poveri aumenta sempre di più.

Una società che si definisce democratica e civile non può restare insensibile a quella che è definita “soglia di povertà”, il cui calcolo non è solo un mero esercizio statistico, ma uno strumento di conoscenza di un fenomeno che attanaglia il nostro Paese. Il livello di povertà, in Italia, è allarmante, malgrado facciamo parte del G7, ovvero le 7 nazioni più industrializzate del mondo.

Secondo i più recenti dati dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) la povertà assoluta è passata dal 8,3% del 2022 all’8,5% del 2023, anche se le stime potrebbero subire delle revisioni, in quanto quelle definitive saranno rese disponibili nel mese di ottobre. A causa delle continue variazioni, l’Istat ha messo a punto il nuovo calcolatore delle soglie di povertà assoluta. Si tratta di un indicatore del valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia per evitare gravi forme di esclusione sociale nel contesto di riferimento. Il risultato si ottiene considerando una serie di fattori, quali il numero dei componenti del nucleo familiare, la regione e il comune in cui si vive. Quindi, si è in cattive condizioni economiche, quando la spesa mensile per consumi è uguale o inferiore a questi valori monetari. Ad esempio, nel 2022 la soglia di povertà relativa familiare è stata pari a 1.150 euro per una famiglia di due componenti, valore superiore ai circa 1.054 euro del 2021.

Come in ogni artificio statistico che si rispetti, ci sono delle condizioni da rispettare, come, ad esempio, i componenti del nucleo familiare che non deve essere superiore a 12. Come dire che se i componenti sono 13, a parte la cabala, non risultano alla statistica ma sono più che indigenti (miracoli dei numeri)! In pratica la soglia di povertà assoluta stabilisce quanto denaro è necessario per acquistare beni e servizi utili per la famiglia. Il dato dipende dalla composizione del nucleo familiare, dall’età e dal luogo di residenza. Al di là dei numeri e dei suoi calcoli, resta il fatto che la povertà è un grave vulnus per l’intera società.

Nel Belpaese sta assumendo dimensioni catastrofiche, con punte di massima concentrazione nel Mezzogiorno d’Italia. Si tratta di un fenomeno molto delicato, perché la povertà non si presenta sola nella mancanza di risorse monetarie, ma anche nella carenza di possibilità di accesso all’istruzione e ai servizi sanitari. Secondo l’Istat, che tra… gli dèi dell’Olimpo rappresenta la Certezza, nel disastrato Mezzogiorno d’Italia c’è la più elevata percentuale di famiglie povere, il 9,4%. Un altro dato emerso è quello relativo all’aumento della ricchezza, concentrata in poche mani.

Il reddito di cittadinanza, introdotto nel 2019 proprio per contrastare il fenomeno, era nato come misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale e come sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari. Tuttavia, la sua validità si è persa nei meandri di un’amministrazione pubblica lenta ed incapace, oltre che nella scarsezza di investimenti. I fautori di questa misura hanno sostenuto che la correttezza e l’efficacia del suo utilizzo avrebbe potuto incidere in maniera significativa sulla povertà.

Ma la storia non si fa con i se e con i ma, il dato di fatto è che si è trattata di una misura che ha fallito i suoi scopi. Oltre all’elevato tasso di povertà, il Belpaese si distingue per un marcato squilibrio tra ricchi e poveri, per cui la forbice si allarga sempre di più. Per affrontare questo problema è necessaria una classe politica che abbia un progetto strategico nel lungo periodo. Alcuni sostengono che una delle azioni per arginare il fenomeno sia l’introduzione di un aumento delle imposte per chi è in possesso di alti redditi e ricchezze e una patrimoniale, ovvero una tassa sulla ricchezza posseduta. La povertà e le disuguaglianze si contrastano, senz’altro, con investimenti nella scuola e nella formazione professionale, con la crescita del reddito per le famiglie e un mercato del lavoro meno ingessato. Sembra l’elenco delle cose da fare che i partiti, in varia misura, presentano durante le campagne elettorali. Programmi puntualmente disattesi, altrimenti non staremmo ancora qui a parlarne!

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