I risultati di un nuovo studio. Collezionismo, bricolage, giardinaggio: vanno bene tutti, purché siano coinvolgenti e riescano a farci “staccare” dagli impegni quotidiani.
Ognuno di noi ha qualche hobby, termine inglese con cui si indica un’attività, diversa dal lavoro, alla quale ci si dedica nelle ore libere per svago, ma con dedizione e passione. Non si tratta di un semplice passatempo rilassante come può essere andare al cinema o guardare la televisione, ma di una vera e propria attività che richiede un certo impegno di tempo, fatica e, talvolta, anche denaro: ne sono un esempio il collezionismo, il bricolage, il giardinaggio o altro. Ebbene, questa attività, qualche volta può essere così coinvolgente per chi la pratica, da farlo entrare in una sorta di trance.
Si è talmente un tutt’uno in quello che si fa, che si perde il senso del tempo. Si vive uno stato emotivo molto gratificante, che gli esperti hanno definito “flow” (flusso), che equivale pressappoco alla trance agonistica degli atleti, quel momento così particolare in cui un atleta sente in misura minore la fatica e produce una prestazione al di sopra dei suoi livelli abituali. Una situazione del genere fa bene alla salute, nel senso che produce benefici sullo stato psico-fisico di chi la vive. E’ quanto risulta da alcune ricerche del “Max Planck Institute for Empirical Aesthetics” (MPIEA) di Francoforte sul Meno, in Germania, e dell’Università di Melbourne, Australia. Il MPIEA indaga sui processi genetici, biologici e psicologici della creazione e percezione dell’arte, nonché sulla loro interazione con i fattori e le funzioni culturali, sociali e storici delle pratiche e dei discorsi estetici.
L’ultima ricerca, pubblicata sulla rivista medica “Translational Psychiatry”, ha esaminato il rapporto tra lo stato di salute ed il “flow” di 9300 pazienti. Coloro che entravano in questa sorta di trance hanno manifestato un basso rischio di depressione, ansia, schizofrenia, stress e disturbi cardiovascolari. Il “flusso” si è mostrato particolarmente adatto contro depressione e ansia. Inoltre, gli studiosi si sono concentrati sul rapporto tra i tratti caratteriali del soggetto, influenza genetica e contesto familiare.
Essenzialmente, la loro curiosità scientifica è stata attratta da un particolare tratto caratteriale costituito da irritabilità ed instabilità emotiva, definito nevroticismo o neuroticismo. I pazienti maggiormente vittime di queste condizioni, hanno manifestato un’alta predisposizione allo stress, a problemi di salute mentale e disturbi cardiovascolari. In ultima analisi, la ricerca ha evidenziato che l’instabilità emotiva e il contesto familiare sono fortemente correlati ad un’alta probabilità di avere disturbi psichici o di altro tipo. Al contrario, chi è maggiormente predisposto a perdersi in quel processo emotivo definito “flow” è come se avesse una corazza naturale che respinge quegli effetti negativi.
E’ conclamato, dunque, che farsi trasportare dal… “flusso” ci porta verso lidi da cui scaturiscono vantaggi al benessere psico-fisico delle persone. Tuttavia non bisogna esaltarsi troppo, nel senso che un primo risultato è stato raggiunto. Ora saranno necessari ulteriori studi per comprendere appieno come questi benefici si materializzano. Una prima ipotesi è stata fatta, che è, comunque, antica come il mondo e non rappresenta, certamente una novità. Ovvero, quando si è pienamente coinvolti in un’attività desiderata ardentemente, attraverso la quale ci si perde totalmente, quel momento annulla il senso del tempo e ci fa sentire “fuori” da altre incombenze. Pare che proprio allora, si innescano quei processi biochimici per cui si annullano le preoccupazioni e tutti quei pensieri che come tarli scavano nel nostro cervello fino a procurarci, ansia, angoscia e depressione.
Una volta, nella cultura contadina, dopo una dura giornata di lavoro nei campi, ci si fermava in osteria a bere un buon bicchiere di vino, a fare quattro chiacchiere con gli amici o a starsene per conto proprio. Oppure si giocava a dadi o a carte. Erano modi per prendersi una pausa dalla fatica e dalle preoccupazioni familiari, che in qualche modo “ricaricava le pile”. Non ci è dato sapere se vivessero compiutamente quello che è stato definito il “flow”, ma un fatto è certo. Ovvero, erano momenti che aiutavano a stare senza pensieri, con effetti benefici sul proprio benessere.