Salute mentale: 3 giovani su 4 tra i 15 e i 35 anni hanno bisogno di supporto psicologico

Indagine Cng-Eures: neppure un ragazzo su tre ha ricevuto assistenza. Il Consiglio Nazionale dei Giovani: “Serve una strategia complessiva”.

Roma – La salute mentale dei giovani è a forte rischio. La gioventù è stata una fase della vita sempre esaltata e lodata in ogni epoca storica, come rappresentazione di forza, coraggio, spensieratezza e a cui sono stati declamati molti componimenti. Uno di questi e la “Canzone di Bacco” scritto da Lorenzo il Magnifico, scrittore e nobile fiorentino appartenente alla famiglia dei Medici, nonché signore della città, che legò il suo nome al periodo di massimo splendore del Rinascimento fiorentino. Il componimento così recitava: “Quant’è bella giovinezza, Che si fugge tuttavia! Chi vuol essere lieto sia: Del domani non v’è certezza”. C’è l’esortazione a godere pienamente delle gioie di questa fase della vita, la bellezza, l’amore, i sensi, nella consapevolezza della loro fugacità. Ora non pare che questi connotati siano presenti nei giovani di oggi.

Almeno da quanto risulta da una ricerca a cura del Consiglio Nazionale dei Giovani (CNG, l’organo consultivo cui è demandata la rappresentanza dei giovani nel rapporto con le Istituzioni per ogni confronto politico) e di EU.R.E.S. (Ricerche Economiche e Sociali), presentata il 5 agosto scorso. I dati sono allarmanti: il 75% dei giovani ha avvertito di avere bisogno di aiuto psicologico nell’ultimo quinquennio, ma solo il 28% è riuscito ad ottenere il supporto adeguato. Il campione dello studio era composto da 1100 persone tra il 15 e i 35 anni. Secondo gli autori è emersa una forte carenza di strutture psicologiche che ha prodotto effetti negativi sul benessere generale. E’ avvertita l’urgenza, quindi, di strumenti idonei per affrontare quella che è una vera e propria emergenza. A patire maggiormente il disagio sono state le donne rispetto agli uomini e le risposte che bisogna dare devono tener conto della peculiarità di genere.

Tre ragazzi in silenzio, con lo sguardo fisso al telefonino.

Secondo il CNG è necessaria una strategia complessiva tesa ad incentivare e incrementare i servizi per la salute mentale. Per attuarla bisogna istituire degli organismi di accoglienza psicologica nelle scuole superiore e nelle Università, gratuiti e praticabili per tutti gli studenti. L’introduzione della figura dello psicologo nel servizio sanitario nazionale sarebbe cosa buona e giusta, come si soleva dire una volta. Inoltre, vanno coinvolte maggiormente le famiglie e sensibilizzare l’opinione pubblica, a cui va spiegato che andare dallo psicologo non significa imprimere un marchio di biasimo, ma una necessità. Alcuni degli aspetti più nocivi, quando ci si trova in questa fase di ricerca di aiuto, sono la solitudine e il sentirsi abbandonati. Già l’anno scorso, il Piano di azioni nazionale salute mentale (PANSM) sottolineò come i disturbi della salute mentale nell’ infanzia e nell’adolescenza possono avere conseguenze gravi per il futuro delle vittime, se non esistono meccanismi idonei per la presa in carico e le cure nel tempo.

L’adolescenza è una fase a rischio altissimo perché iniziano a serpeggiare i primi malesseri che poi si sviluppano entro i 24 anni. Come per altre situazioni, la pandemia, questo mostro malefico, ha lasciato i suoi strascichi. Durante il primo lockdown, come rilevato da numerosi studi, sono cresciuti, soprattutto tra le ragazze ansia, disturbi dell’umore, disordine alimentare e del sonno, autolesionismo e tentativi di suicidio. A parte interventi di welfare in linea generale, quello che si può fare nell’immediatezza è cambiare l’atteggiamento quando si ritorna a casa. Padre, madre e figli, la smettessero una buona volta di restare incollati allo smartphone per essere aggiornati sulle ultime novità dei social, per rispondere a qualche mail o guardare dei video con quegli infernali aggeggi, gli auricolari, ficcati nelle orecchie e di starsene ognuno per conto proprio, perso nella realtà virtuale. Cominciassero a spegnere tutto e iniziare a dialogare, guardandosi negli occhi, ripristinando quel concetto di comunità che è, comunque, la famiglia!

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