Il caso della sparizione di Emanuela Orlandi si arricchisce di nuovi particolari. In tre oggetti scoperti dietro la statua dell’Angelo del Dolore e in una scritta sbiadita potrebbe celarsi la svolta?
ROMA – Sull’arcinoto caso della scomparsa di Emanuela Orlandi solo una cosa è certa: nessuna delle persone ancora in vita che conoscono la verità rivelerà mai i terribili retroscena della vicenda. A meno che non spunti un “pentito” o qualcuno dei “soliti ignoti” che faccia un passo falso. Nell’attesa spuntano come i funghi altri particolari che servono comunque a mantenere sotto i riflettori una storiaccia infinita dai contorni lugubri. E non mancano alcune dichiarazioni che pongono di nuovo alla ribalta delle cronache personaggi sospettati ma poi prosciolti.
Ci riferiamo alla pista investigativa rivelata già a suo tempo dall’ex Pm Giancarlo Capaldo, 77 anni, procuratore aggiunto. Il magistrato ha rivelato la propria ipotesi davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta che si occupa della cittadina vaticana sparita 41 anni fa e di Mirella Gregori, scomparsa un mese prima della Orlandi:
”Il prelevamento della Orlandi poteva essere fatto per strada ma sarebbe stato pericoloso – ha detto Capaldo – poteva invece essere fatto in Sant’Apollinare con una scusa qualsiasi…Ritengo non impossibile, anzi estremamente probabile, che Marco Fassoni Accetti abbia conosciuto Emanuela Orlandi perché gravitava su piazza Navona e piazza delle Cinque Lune, zona in cui gravitava lo stesso Accetti, e questi fermava tutte le ragazze. Dal mio punto di vista probabilmente ha depistato perché ritengo che con probabilità “l’Americano” si possa identificare in Accetti“.
L’americano a cui si riferisce il giudice Capaldo non sarebbe altri che il “misterioso” telefonista con accento statunitense che avrebbe chiamato la famiglia Orlandi il 5 luglio 1983 parlando del sequestro della ragazza. Nello stesso anno la medesima voce avrebbe parlato al telefono con il cardinale Agostino Casaroli i cui presunti rapitori avevano scelto come interlocutore per il Vaticano. In entrambi i casi i periti che hanno sottoposto ad una nuova verifica, con l’ausilio di alta tecnologia, la vecchia intercettazione ritengono che la voce in questione sia riconducibile proprio al fotografo Accetti, 68 anni.
Ovvero lo stesso personaggio ambiguo che nel 2013, parlando di codici e messaggi criptati, aveva confessato di essere il responsabile della scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. “L’uomo nero” che aveva consegnato alla famiglia Orlandi il flauto di Emanuela. Accetti, al centro di altre vicende giudiziarie che riguardavano minori, era stato indagato e poi scagionato, come del resto era accaduto in altri casi. Il fotografo è davvero uno dei rapitori?
In effetti l’ipotesi investigativa di Capaldo è rinforzata dalla presenza di altri personaggi che hanno avuto a che fare con la struttura religiosa: Armando De Pedis, indiscusso capo della Banda della Magliana, e don Pietro Vergari, già rettore di Sant’Apollinare e responsabile della tumulazione di “Armandino” nella famosa, omonima basilica romana. Da una pista investigativa degna di approfondimenti si passa al cimitero monumentale del Verano.
Secondo Fabrizio Peronaci, giornalista e redattore di una interessante pubblicazione sul caso Orlandi, un barattolo di vernice arrugginito e mezzo vuoto, una chiave d’auto ossidata e una moneta da 100 lire del 1956 rappresenterebbero tre nuovi indizi. I reperti sarebbero stati rinvenuti dietro la statua dell’Angelo della Resurrezione, più volte vandalizzata, che si trova a pochi metri dal loculo dove è avvenuto il furto della bara di Katy Skerl, 17 anni, morta ammazzata nel gennaio del 1984, il cui omicidio è stato messo in relazione al caso delle due ragazze scomparse. Ma c’è di più.
Vicino la statua dell’Angelo della Resurrezione, (realizzata dal grande scultore Giulio Monteverde al lato del sepolcro di famiglia), con la fascetta fra i capelli come la portavano Emanuela e Katy, nella zona cimiteriale del Pincetto, è stata scoperta una scritta verdastra, sbiadita, risalente ad un anno fa e impressa sulla pietra che segna la sezione della tomba delle famiglie Donati e Pace. Ignoti, con la stessa vernice verde contenuta nel vecchio barattolo, hanno stilato una parola e tre numeri: “Zoff”, in alto, e “15-1-91” più in basso. Sul retro della stele insiste la lettera “R”, vergata in maiuscolo.
Tutto questo ha un significato? Zoff, portiere di calcio a parte, potrebbe essere il nome di un custode? 15-1-91 potrebbe essere la data dell’entrata in vigore della legge sui sequestri di persona e per la protezione dei collaboratori di giustizia? Emanuela è sepolta da queste parti?