Le regioni italiane manifestano una forte disparità nella struttura socio-economica. Ora chi avrà la “cassa” piena, potrà investire.
Roma – L’autonomia differenziata, a chi giova? Il 26 giugno scorso è stato approvato, tra squilli di trombe e fanfare, rulli di tamburi e peana misti a lodi sperticate per l’autore della proposta di legge, il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli della Lega, il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Una proposta frutto della riforma del titolo V della Costituzione del 2001, effettuato dal governo Amato. E’ una riforma che sancisce il riconoscimento da parte dello Stato che una regione a statuto ordinario possa legiferare sulle materie di competenza concorrente e in 3 casi di materia di competenza esclusiva dello Stato. Inoltre, le regioni possono trattenere per sé il gettito fiscale, per cui verrebbe a mancare l’assegnazione sul territorio nazionale in base ai bisogni collettivi del Paese.
E’ sempre uno squallido problema di soldi che alimenta le azioni umane, il resto, sono purtroppo, frasi retoriche che possono ammaliare i creduloni o chi crede ancora alla befana. La realtà, con la sua faccia nuda e cruda, ci racconta, infatti tutt’altro. E’ vero che alcune condizioni di autonomia sono già previste dall’articolo 116 della Costituzione, tuttavia se non è mai stato realizzato, un motivo ci sarà, o no? E, difatti, le regioni italiane manifestano una forte disparità nella struttura socio-economica e, quindi, il legislatore ha pensato, finora, di distribuire le risorse in maniera equa, al di là della provenienza della ricchezza, proprio in virtù di un principio solidaristico, sancito, d’altronde dalla nostra costituzione. Ora chi avrà la “cassa” piena, potrà investire, chi no, andrà ad ingrossare le fila di chi ricorre alla mensa della Caritas! Una prospettiva del genere peserà molto sulle regioni meridionali. Allo spopolamento demografico e alla fuga dei cervelli, al lavoro che latita e alle varie mafie che sguazzano a piacimento nell’emergenza sociale, l’autonomia differenziata non è altro che il corpo di grazia ad un paziente già moribondo.
La legge approvata al Senato comprende tutta una serie di materie ora trasferite dallo Stato alle regioni: istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, infrastrutture, energia, sport, beni culturali e ambiente. Anche la sanità, sarà ancora più decentralizzata, non appena verranno decisi i Lep (Livelli essenziali di prestazione), che avranno bisogno di risorse finanziarie per essere attuati. Al momento, non ci è dato sapere dove verranno trovati i soldi. Il governo si è dato due anni di tempo per cercarli. Per la cronaca, il 26 giugno passerà agli annali (si fa per dire) per la rissa scoppiata tra un deputato dei 5 Stelle che ha…osato mettere sulle spalle del Ministro Calderoli il drappo della bandiera italiana.
Evidentemente per i deputati della coalizione di maggioranza i colori della bandiera italiana sono come il rosso per il toro. Si sono scagliati, infatti, come furie, sul malcapitato, che ha ricevuto, si dice, calci e pugni, tanto che è stato allontanato in carrozzina. Il disegno di legge non è piovuto dal cielo all’improvviso, tra capo e collo. La sua origine parte da lontano e ha una progenie molta varia, nell’uno e altro schieramento, con cambiamenti di opinione nel corso degli anni e delle circostanze. Sullo “spopolamento della popolazione” meridionale, Svimez (associazione che effettua ricerche economiche sulle condizioni del Mezzogiorno d’Italia) ha diffuso dei dati secondo cui, ogni anno, 20 mila studenti trasmigrano da Sud al Nord. Il costo individuale è pari a 150 mila euro di spesa pubblica. Vale a dire che, annualmente, si registra un trasferimento sottinteso di 3 miliardi di euro. Questo gruzzolo va aggiunto alla media statale che è di 17 mila euro nel Centro-Nord e 13 mila euro al Sud. Le opposizioni politiche si stanno mobilitando per indire un referendum abrogativo. Comunque la si pensi, i dati summenzionati indicano che l’autonomia differenziata peggiorerà il divario tra regioni povere (Sud) e ricche (Nord). E’ questo l’obiettivo?