Il Capo dello Stato, con i presidenti di Camera e Senato si stringono attorno alle vittime della tragedia che cosò la vita a 32 persone.
Viareggio – Il 29 giugno del 2009 un treno merci con 14 vagoni carichi di gpl deragliò dai binari nei pressi della stazione viareggina, provocando la fuoriuscita del materiale infiammabile. Ne seguì un’esplosione e, poi, un vasto incendio che avvolse la stazione, le automobili e le abitazioni circostanti. Nella strage morirono 32 persone e altre 25 rimasero ferite. “La sicurezza è un presupposto irrinunciabile, oltre a essere un diritto primario di cittadini e utenti” ha detto il presidente della Repubblica Sergio Matterella.
Erano le 23.49 del 29 giugno 2009, quando un convoglio con 14 vagoni carichi di cisterne di gpl deragliò nei pressi della stazione ferroviaria viareggina. Il treno, secondo le ricostruzioni giudiziarie, avrebbe sbattuto a forte velocità contro un ostacolo causando il rovesciamento su un fianco di una delle cisterne. Dalla cisterna, forata durante l’impatto, fuoriuscì una grande quantità di gas propano liquido che avvolse i binari e le abitazioni affacciate sulla linea ferroviaria, in particolare quelle in via Ponchielli. La fuoriuscita di gpl innescò un’esplosione e, in seguito, un incendio che coinvolse la stazione e diverse palazzine nei dintorni. Nel grave incidente morirono in totale 32 persone. Altre 25 persone invece rimasero ferite a seguito dell’esplosione e dell’incendio.
I carri, carichi di gpl che dovevano essere consegnati alla società Aversana Petroli, furono instradati lungo il binario del raccordo interno che collega la raffineria Sarpom di San Martino di Trecate (in provincia di Novara) alla rete ferroviaria nazionale da FS Logistica, che avrebbe poi dovuto occuparsi delle operazioni di verifica della sicurezza. Giunti alla stazione di Novara, i vari carri vennero agganciati al mezzo di trazione e, nel pomeriggio, il convoglio partì, con più di un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto, alla volta della stazione di Gricignano-Teverola, in provincia di Caserta.
Arrivato nello scalo merci di Novara Boschetto, il treno effettuò l’inversione di marcia e, dopo le verifiche di rito, ripartì verso sud percorrendo le tratte di Milano-Torino, Torino-Genova e Genova-Pisa. Nei pressi della stazione di Viareggio il primo carro cisterna deragliò dai binari, trascinando con sé anche altri quattro vagoni. A causa dell’impatto con l’infrastruttura della ferrovia, sul primo vagone si aprì uno squarcio da cui fuoriuscì il gpl che, a causa di una scintilla, provocò l’esplosione. Il vasto incendio che divampò a seguito dell’esplosione avvolse rapidamente la zona circostante, colpendo la stazione ferroviaria, le auto e le abitazioni.
Undici persone morirono in pochi minuti, investite dalle fiamme o travolte dal crollo degli edifici. Altre due persero la vita per un infarto e decine rimasero ferite (molte delle quali con ustioni gravissime). La maggior parte morì in ospedale nelle settimane successive all’incidente. I due macchinisti invece riuscirono a salvarsi saltando da un muro vicino alle rotaie. Dopo l’incidente si aprì una lunga fase di indagini, condotte dalla Procura di Lucca. Nel 2017 furono condannati in primo grado Michele Mario Elia, ad di Rete Ferroviaria Italiana (7 anni e 3 esi di reclusione), Mauro Moretti, ex ad di Ferrovie dello Stato e di Rete Ferroviaria Italiana (7 anni), e Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia (7 anni e 6 mesi). Furono contestate responsabilità anche alle società di Gatx, Officine Jungenthal e Cima Riparazioni.
“La notte del 29 giugno 2009, Viareggio venne ferita dalle conseguenze di un disastro ferroviario che, oggi come allora, ci appare inaccettabile – si legge nel messaggio del Capo dello Stato -. Le immagini e la memoria di quella tragedia restano incancellabili. Nel quindicesimo anniversario, la Repubblica è vicina ai familiari che videro i loro cari inaspettatamente strappati alla vita e che, nel dolore, seppero avviare un percorso civile per accertare le responsabilità di quanto accaduto e per promuovere, ovunque, maggiore sicurezza nei trasporti”. “Le reti infrastrutturali, e tra queste le ferrovie, sono condizione essenziale per la vita e lo sviluppo economico del Paese – continua Mattarella -. La sicurezza è un presupposto irrinunciabile, oltre a essere un diritto primario di cittadini e utenti. Non si può derogare agli standard acquisiti, anzi il livello della sicurezza va elevato tramite controlli e tecnologie più efficaci e una crescita generale di consapevolezza”.
Sui social il presidente del Senato Ignazio La Russa in occasione del quindicesimo anniversario del disastro ferroviario ha voluto ricordare con “profonda commozione le 32 vittime e rivolgere ai loro familiari e a tutta
la comunità di Viareggio, il più sentito abbraccio. Desidero inoltre ringraziare l’Associazione ‘Il mondo che vorrei’ per la passione e la generosità che hanno sempre contraddistinto il suo instancabile impegno civico, sociale e culturale al fianco delle famiglie, dei cittadini e delle Istituzioni affinché il dolore, la paura e lo sgomento di una tragedia che non possiamo e non dobbiamo dimenticare, continuino a guidarci nella costruzione di un futuro più sicuro”.
Gli fa eco il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana: “A quindici anni di distanza – dice – rimane indelebile il dolore per la strage di Viareggio. Ci uniamo nel ricordo delle vittime, della straziante sofferenza che hanno patito, nella vicinanza ai loro familiari e a chi è rimasto perennemente segnato da quel dramma. I fatti di Viareggio ci interpellano continuamente e rimangono un monito costante sull’importanza della sicurezza, della prevenzione e della manutenzione delle infrastrutture”.
E quindici anni dopo, con il processo – tecnicamente parlando, non è ancora finito: tredici condanne sono sicure, per 12 imputati c’è solo da ricalcolare la pena – ancora in corso, fa un certo effetto ripercorrere quelle ore che hanno fatto la storia non solo di Viareggio ma del nostro Paese. La commozione c’è oggi. Come allora. In un battibaleno, passare dalle bagatelle cittadine, a morti, feriti, dispersi, devastazione, disperazione, dolore sconfinato e lo stillicidio dei giorni successivi è stato uno choc devastante anche per i cronisti chiamati ad operare sul campo.