La disamina dei fatti fa pensare ad una reazione esagerata del giovane che sarebbe stato rapinato dai due balordi poi fuggiti in scooter, Una volta raggiunti sarebbero stati speronati. Entrambi sbalzati dalla sella sono deceduti.
Marano – Forse voleva farsi giustizia da sé inseguendo e tamponando due pregiudicati che gli avrebbero rubato l’orologio minacciandolo con una pistola. Il presunto assassino e vittima della rapina è stato fermato dai carabinieri con l’accusa di duplice omicidio.
I due rapinatori, a bordo di uno scooter, sarebbero deceduti per le gravi ferite riportate a seguito dello speronamento. Sull’asfalto sono stati rinvenuti l’orologio Rolex appartenente alla vittima della rapina ed una semiautomatica Beretta verosimilmente utilizzata nel medesimo atto criminoso.
Le prime indagini operate dai carabinieri della Compagnia di Marano, diretti dal maggiore Gabriele Lo Conte, basate su diversi interrogatori e sull’analisi di riscontri obiettivi e video estrapolati da diverse telecamere private di sorveglianza, hanno potuto chiarire la dinamica dei fatti occorsi in via Antica Consolare Campana, al confine con il Comune di Villaricca, nella serata del 26 marzo scorso.
Nel bordo della carreggiata sono stati ritrovati i cadaveri di Ciro Chirollo, 30 anni, e Domenico Romano di 39, originari di Sant’Antimo ed entrambi pregiudicati.
La dinamica degli accadimenti delittuosi, ancora in fase di accertamento, avrebbe stabilito che Giuseppe Greco, 25 anni, originario di Marano, incensurato, avrebbe subito una rapina mentre si trovava a bordo della sua Smart bianca. Al giovane, sotto la minaccia di una pistola, sarebbe stato sottratto un costoso orologio Rolex.
Subito dopo la rapina Ciro Chirollo e Domenico Romano sarebbero fuggiti a bordo di un veloce Yamaha T-Max ma sarebbero stati raggiunti da Greco in località via Castello Belvedere dove il giovane li avrebbe travolti con la propria auto causandone la morte.
L’orologio e la pistola venivano rinvenuti sul luogo del sinistro mentre Greco, difeso dall’avvocato Domenico Della Gatta, sulle prime dichiarava di aver subito la rapina ma che nulla aveva a che fare con la morte dei due presunti rapinatori.
Dopo ulteriori indagini i militari ponevano in stato di fermo il giovane maranese che avrebbe raccontato una sua versione dei fatti. Due uomini, riferiva Greco, si sarebbero avvicinati con fare violento, l’avrebbero minacciato e uno dei rapinatori sceso dal T-Max gli avrebbe colpito la mano con il calcio della pistola per rubargli il Rolex Gmt Master dal valore di circa 20mila euro.
Greco avrebbe perso sangue a seguito dei colpi ricevuti sulla mano. Dopo il primo interrogatorio, reso in stato confusionale davanti al Pm Paolo Martinelli della Procura di Napoli presso il tribunale partenopeo, diretto dal procuratore Carmine Renzulli, Greco affermava di essere rimasto sul luogo della rapina e dopo una decina di minuti avrebbe chiesto un passaggio ad un minorenne che viaggiava in scooter.
Il giovane avrebbe affermato anche che i due presunti rapinatori gli avrebbero preso anche l’auto con la quale si sarebbero allontanati.
La versione di Greco non convinceva gli inquirenti tanto che dopo ulteriori verifiche e stante alla perizia del sinistro, il giovane incensurato veniva posto in stato di fermo con l’accusa di duplice omicidio per aver inseguito e travolto i due pregiudicati.
Le vittime sono state identificate grazie ad alcuni tatuaggi riconosciuti dai familiari poiché il violento impatto ne aveva deturpato i volti. La successiva autopsia chiarirà le cause della morte che, ad una prima ricognizione cadaverica, potrebbero ricondursi al violento impatto del cranio sull’asfalto:
“…Si è vero li ho inseguiti ma non volevo ucciderli – ha detto Greco al Gip – volevo solo prendere il numero di targa. Chiedo scusa…”. Il giudice per le indagini preliminari deciderà se farlo rimanere in carcere o meno.
Una delle vittime, Domenico Romano, aveva precedenti penali: il 27 luglio del 2010, insieme a due complici, aveva rapinato un uomo all’esterno di una banca facendosi consegnare 5mila euro. In quell’occasione era stato arrestato e processato.
L’altro complice, Ciro Chirollo, scriveva sul su profilo Facebook: “Folle è colui che non ha mai smesso di lottare. Nonostante i problemi, i momenti bui e le delusioni della vita, perché alla resa ha preferito la battaglia”.
Sotto una foto di un uomo che spara col mitra. L’allusione alla criminalità è più che evidente. Il padre di Chirollo, Vincenzo, 40 anni, nel dicembre del 2010 era stato ritrovato cadavere nella pineta di Licola, in provincia di Napoli.
Una vera e propria esecuzione. Forse uno sgarbo al clan Verde per motivi di spaccio di droga.
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