Secondo i risultati, a livello globale, persistono norme sociali dannose che sostengono metodi violenti di educazione dei figli.
Roma – Milioni di bambini subiscono maltrattamenti e angherie. L’Unicef (il Fondo dell’ONU per l’infanzia, che si occupa di assistenza umanitaria per i bambini e le loro madri in tutto il mondo) in occasione della ”Giornata internazionale del gioco” istituita l’11 giugno scorso, ha diffuso una serie di dati raccapriccianti sulle condizioni di milioni di bambini al mondo. Ben 400 milioni di loro sotto i 5 anni, pari a 6 su 10 a livello mondiale, sono vittime regolarmente di maltrattamenti fisici e di pene corporali e la stragrande maggioranza con strumenti fisici. Dai dati è merso il ruolo fondamentale del gioco, essenziale allo sviluppo in quanto contribuisce al benessere cognitivo, fisico, sociale ed emotivo dei bambini e ragazzi.
Tanto che l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite con la Risoluzione 44/25 del 20 novembre novembre 1989, riconosce il gioco come un “diritto” inviolabile ed insindacabile di ogni bambino. Di fondamentale importanza è, quindi, il ruolo dei genitori, che pur monitorando la sicurezza dei figli, devono esser in grado di suggerire giochi e creare un ambiente stimolante per i propri figli, affinché possano sperimentare in modo produttivo l’attività ludica. Ma nei casi in questione mancano sia uno (il gioco) che un’assistenza genitoriale adeguata. Un bambino soggetto a vessazioni e violenze continue si sente defraudato dell’assistenza del focolare domestico e della comunità, procurando danni all’autostima e allo sviluppo cognitivo. E’ noto che genitori attenti donano gioia ai bambini che, sentendosi protetti, imparano le capacità necessarie a vivere negli spazi che li circondano.
Secondo l’Unicef, negli ultimi tempi molti Paesi hanno proibito, legislativamente, la pratica delle punizioni corporali. Ma al contempo, ci sono ancora circa mezzo miliardo di bambini con età al sotto dei 5 anni, che sono senza alcuna protezione legale. Nel mondo vigono, ancora, norme sociali in cui si sviluppano metodi coercitivi di educazione dei figli, perché si è convinti che siano utili all’educazione dei bambini. L’idea che si possano usare anche metodi duri per la crescita dei propri pargoli, è stata diffusa per molte epoche in ogni società. Basta ricordare il motto popolare “mazze e panelle fanno figli belli”. L’adagio fa riferimento all’educazione del passato, quando si era soliti impartire un educazione più severa ma pur sempre alternata con un po’ di dolcezza. In senso più ampio e attuale, il detto significa che l’educazione dei figli è data dal connubio di severità e dolcezza. La continuazione del detto è infatti “panella senza mazze fanno i figli pazzi”, il che significa che non si può usare solo la dolcezza o solo la fermezza.
Ma nei casi summenzionati dall’Unicef si tratta di realtà monotematiche, in cui esiste come modus operandi solo la violenza, magari ci fosse l’alternanza! I dati hanno evidenziato la carenza di assistenza e accesso a possibilità di gioco. Secondo le stime riportate, il 40% dei bambini tra i 2 e 4 anni sono privati di qualsiasi interazione a casa, che produce trascuratezza emotiva, una percezione di abbandono, sfiducia e difficoltà del comportamento che possono protrarsi fino all’età adulta. E’ stato verificato che gli aiuti ai genitori per migliorare l’efficacia dei loro metodi educativi, hanno portato benefici all’assistenza, diminuendo la violenza familiare e ad una crescita del benessere mentale di genitori e bambini.
Si tratta di programmi orientati alla costruzione di relazioni forti tra genitori e bambini, al gioco, alla comunicazione ed alle punizioni non violente. Affinché qualsiasi bambino possa sentirsi accettato, amato e godere dei diritti riconosciuti dall’ONU, l’Unicef auspica interventi legislativi, da parte dei governi, per la protezione dei bambini tra le mura domestiche, maggior supporto ai genitori e apprendimento ludico, con spazi ulteriori di giochi. Perché, come scrisse Jean Piaget, pedagogista e filosofo svizzero: ”Come possiamo, con le nostre menti adulte, distinguere una cosa interessante da una che non lo è? … Per scoprire cose nuove, bisogna seguire i bambini.”