Il pasionario del M5S corre verso il ponte di comando sgomitando alla ricerca dei valori di un partito che era contro la casta. Per poi diventarne immagine speculare. Guai ai vinti.
Roma – Torniamo a parlare di Alessandro Di Battista. L’uomo partito all’attacco che ha identificato il proprio partito a quello di Clemente Mastella, il vecchio, sempreverde, caro Udeur. Il Movimento 5 Stelle, a corto di organico e con i sondaggi che lo danno in caduta libera, si appresta al confronto degli Stati generali. Gli argomenti sono quelli di sempre: alleanze, leadership, terzo mandato. Così Dibba, sorta di simpatico nomignolo attribuito al grande Alessandro, con un gruppetto di irriducibili pentastellati come l’ex ministra Barbara Lezzi in compagnia dell’alleato Ignazio Corrao, si lancia verso l’area di comando.
Infatti accelera, morde il tallone agli amici e fugge in solitaria verso il timone del partito di Grillo. Almeno nelle sue intenzioni. Per farlo non esita a sparare con gli obici radendo al suolo quel poco che è rimasto dell’emisfero grillino. Ma il buon Di Battista fa di più: bacchetta il proprio Movimento a colpi di mitragliatrice e dirige la sua gemellata da 75 contro l’alleanza con il Partito democratico che definisce “la morte nera“, prendendo spunto dal film “Guerre Stellari“.
Il film ha condizionato ed influenzato l’adolescenza di “Dibba“, senza alcun dubbio, così come il ricordo e la storia di Mastella ha avuto, per i racconti che gli sono stati fatti, un effetto dirompente sullo sviluppo cognitivo del giovane contestatore 5 Stelle “cadenti“. L’attacco è di quelli che non passano inosservati ma destinato a lasciare il segno. Un insolito “tiro mancino” che in molti non hanno digerito.
Dibba ha un preciso obiettivo, dicono i bene informati: correre da soli alle elezioni. Per poi decidere con chi governare l’Italia. Ovviamente dando per scontato un successo vecchia maniera. In effetti la sua sarebbe una furbata che darebbe maggiore libertà di movimento, perché un conto è fare una trattativa con un bel 33%, altra cosa è farla con l’8%. Situazione che, secondo l’ex parlamentare grillino, si realizzerebbe se il M5s proponesse un tandem elettorale con il Pd oppure con la Lega. Cosa assai improbabile.
Le reazioni, comprensibili, non si sono fatte attendere. E sono reazioni infastidite, nervose, stizzose al limite della rabbia. Ai compagni di merende le dichiarazioni di Dibba non sono affatto piaciute. C’è chi su Twitter ricorda a Di Battista che il paragone con l’Udeur di Mastella non regge: il partito del Campanile con l’1% e 3 senatori teneva in pugno il governo, mentre il M5S sembra che non riesca a stabilire nemmeno il menù per gli Stati Generali.
Ritrovare l’identità del Movimento, questo è il mantra che rappresenta la vera battaglia del gruppetto di grillini avanguardisti. Una battaglia mirata a riappropriarsi dei valori identitari di un partito che ha perso ormai più di qualche stella. Di Maio, nel frattempo, sembra scomparso dai radar. Difficile credere ad una coincidenza. In ogni caso anche il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia sembra nauseato dal gioco al massacro del battagliero compagno di allegre brigate.
Così come è dura la replica dell’ex “Iena“, l’europarlamentare Dario Giarrusso, il quale si dichiara offeso per via di quel parallelismo con l’Udeur. Partito che, peraltro, basava una congrua parte dei suoi consensi sul clientelismo e sulle bieche consuetudini della peggiore politica. La sensazione è che “Dibba” voglia “accoltellare” gli ultimi grillini rimasti in casa che terrebbero in alto la bandiera per il proprio tornaconto personale con lo scopo di infliggere il colpo di grazia al movimento.
Altro che Mastella, a confronto rimane un dilettante. Menti raffinate sono da tempo al lavoro per riportare il movimento di Grillo all’originale opposizione governativa. Purtroppo il messaggio devastante che si ricava da questa infinita “telenovela” è che nessun cambiamento è possibile nel Bel Paese. Considerata anche l’evoluzione di una fazione politica nata per opporsi alla “casta” per poi trasformarsi nella sua immagine speculare. Così ciò che fino a ieri era considerato il male peggiore, oggi diventa obiettivo da perseguire. A tutti i costi. Con spregiudicatezza e colpi di gomito. E poi sparlavamo della Prima Repubblica.
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