A Brooklyn una studentessa fonda il “Luddite Club”, con la “mission” di praticare una vita lontana dalle diavolerie tecnologiche.
Roma – Negli USA si sta diffondendo tra gli adolescenti una sorta di rifiuto della tecnologia. Una notizia galoppando per le immense praterie del web, qualche settimana fa ha destato prima stupore e poi, un sottile compiacimento. Negli States, gruppi di adolescenti hanno deciso di abbandonare la vasta gamma di dispositivi tecnologici, ritenuti, ormai, indispensabili, da non poter vivere senza. Era ora, si potrebbe esclamare, visto il rapporto quasi patologico che si è instaurato con essi. Si tratta di giovani, studenti universitari e di scuole superiori, che, con somma sorpresa, hanno iniziato a rifrequentare i parchi pubblici.
Inoltre, sono rispuntate immagini che si pensava perdute per sempre. Si rivedono, ora, sulle panchine, ragazzi assorti a leggere un libro, a dipingere o a suonare strumenti musicali. Scene che erano consuete un tempo che fu, quando il ciclone internet non aveva spazzato con furia queste sane abitudini. Lo smartphone, per loro, non esiste più, ma utilizzano cellulari di vecchia generazione, quelli che servivano solo per telefonare e spedire/ricevere sms. Il ritorno dei “telefonini” è un fenomeno che da qualche tempo si sta diffondendo in America, addirittura con appassionati alla ricerca di esemplari di pregio.
La gran parte dei ragazzi hanno dichiarato alla stampa che da quando non si sentono… braccati dagli smartphone, la loro vita è cambiata in meglio. Qualcuno ha tenuto a precisare che da quando non ha con sé quell’aggeggio ingombrante, ha riiniziato ad usare il proprio cervello, scoprendo la vera parte di sé. Proprio nel centro di Brooklyn, là dove la smania della vita metropolitana e la dipendenza tecnologica sono a livelli parossistici, ha visto la luce il “Luddite Club” fondato lo scorso anno da una giovane studentessa, a cui hanno aderito, poi, tanti ragazzi. La loro “mission” è di praticare una vita lontana dai social network e dalla tecnologia in genere. Inoltre, esprimono un desiderio di recuperare una vita semplice e genuina.
La locuzione deriva dal “luddismo” un movimento di protesta operaia, sorto all’inizio del XXIX secolo in Inghilterra il cui obiettivo era il sabotaggio industriale. L’introduzione delle macchine nelle fabbriche veniva ritenuta causa di disoccupazione e di bassi salari. Il movimento prende il nome dall’operaio Ned Ludd, che nel 1779 avrebbe infranto un telaio. I “luddisti” del XXI secolo non stanno distruggendo attrezzature, ma contestano l’onnipresenza e la pervasività della tecnologia e la sua feroce intromissione nella vita delle persone. Secondo questi ragazzi, la vita non può essere sprecata davanti ad uno schermo. In fondo, desiderano fare attività consuete per la loro età, che sono state stravolte dalla pandemia tecnologica. Il loro motto è “Libertà dalla tecnologia, vita autentica”.
In Italia, la tendenza sembra non suscitare interesse. Ma si sa, nel Belpaese c’è la consuetudine di imitare i fenomeni statunitensi con notevole ritardo. Si spera, comunque, che possa trattarsi di un seme piantato, per trasformarsi, poi, in un albero rigoglioso e, quindi, svilupparsi anche tra gli adulti e fuori dall’ambito studentesco. In modo da rappresentare una sorta di riparo per difendersi dalla dittatura digitale e dal suo concetto di vita artefatta.